Venerdì 22 novembre 2024, ore 20:56

Festival Economia 

La crescita mondiale è in frenata ma per ora niente recessione 

Gli effetti della pandemia e della guerra in Ucraina sferzano la crescita e la globalizzazione mondiale ma, al momento, le previsioni escludono una recessione economica anche se i rischi sono molto elevati. Intanto il vice presidente della Fed, Lael Brainard, apre all'ipotesi di un ulteriore rialzo dei tassi da mezzo punto a settembre, dopo quello di luglio e agosto, se non ci saranno "segnali di raffreddamento della domanda". Dai Festival dell'Economia di Trento e Torino, economisti, politici e imprenditori si confrontano sul mondo che cambia, con l'idea, secondo il premio nobel Edmund Phelps, che serve una nuova visione dell'economia. Numerose sono le incognite sull'andamento della crescita mondiale. L'economia sta registrando un peggioramento principalmente per le dinamiche legate all'inflazione, al balzo dei prezzi delle materie prime, in modo particolare quelle energetiche, ed al pesante aumento del debito sovrano durante la pandemia. Esiste il rischio che alcuni fenomeni si incastrino, tra Europa, Stati Uniti e Cina, portando ad una "stagnazione dell'economia globale. Ma allo stato una recessione non sembra essere attuale", spiega da Trento l'ex ministro dell'economia Giovanni Tria.

E si aggiunge ora anche le politiche monetarie delle banche centrali che, dopo un lungo periodo di posizioni espansive, hanno iniziato a tirare il freno. Le aspettative per un rialzo dei tassi di interesse da mezzo punto percentuale in "giugno e luglio sono appropriate: è difficile pensare che si possa essere una pausa in settembre", ha aggiunto Brainard. Recentemente Moody's ha tagliato le stime di crescita globale per il 2022 e per il 2023. Il Pil delle economie avanzate crescerà del 2,6%, a fronte del 3,2% previsto a marzo, mentre le stime sui Paesi emergenti vengono ridotte dal +4,2% al +3,8%. Rischi di ulteriori riduzioni potrebbero, inoltre, arrivare da un'escalation del conflitto tra Russia e Ucraina e da rallentamento oltre le attese della crescita cinese. In maniera negativa può incidere anche il "mancato coordinamento delle politiche monetarie da parte delle banche centrali", aggiunge Tria.

"Serve un coordinamento come quello che fu fatto durante la crisi del 2007. Invece ora i singoli Paesi procedono in modo autonomo". Ottimista ma cauto è il presidente dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), Giampiero Massolo, che vede la tendenza ad un mondo "piú stretto ma non bisogna indulgere a pessimismi eccessivi perché le forze economiche e lo spirito imprenditoriale é tale da bilanciare i rischi". Le nubi minacciose che si addensano sul fronte della crescita economica sono le stesse che minacciano la globalizzazione. "Non vedo ancora segnali chiari di deglobalizzazione, ma vedo un rallentamento causato, in parte, dalla pandemia", ha evidenziato da Torino l'economista spagnolo Pol Antras, docente dell'Università di Harvard. "Ci sono invece segnali molto chiari - ha aggiunto - di un aumento del protezionismo e questo in futuro potrebbe portare alla deglobalizzazione". Sul futuro della globalizzazione peseranno soprattutto aspetti istituzionali e politici come la guerra in Ucraina. Quanto all'aumento del protezionismo, secondo Antras "bisogna riflettere sul fatto che a causa della precedente iperglobalizzazione milioni di persone sono finite in povertà. Il Covid è stato uno choc transitorio, c'è stata una ripresa che non influirà sulla deglobalizzazione".

Poi una previsione e una confessione. Nel primo caso, Jamie Dimon ha avvertito: "Preparatevi per l'uragano economico causato dalla Fed e dalla guerra in Ucraina". L'amministratore delegato di JPMorgan ha spiegato di aver rivisto la sua posizione; nelle scorse settimana aveva infatti parlato di nuvole di tempesta sull'economia. "Ora cambio in uragano" di cui nessun sa l'entità, ovvero se sarà un fenomeno "minore" o uno come il Sandy che si è abbattuto su New York negli anni scorsi, aggiunge Dimon osservando che JPMorgan si sta preparando e lo sta facendo adottato un approccio "molto conservativo sul suo bilancio". Nel secondo caso, Janet Yellen ha fatto mea culpa ai microfoni della Cnn ammettendo il suo errore nel prevedere la corsa dei prezzi. Una galoppata che sembra quasi inarrestabile sulle due sponde dell'Atlantico - con tassi oltre l'8% sia in Europa che negli Usa - e che creando non poche difficoltà alle banche centrali. All'interno della Bce i 'falchi' incalzano la più cauta Christine Lagarde e premono per un rialzo dei tassi di interesse da mezzo punto percentuale alla riunione di luglio. Una tale stretta - è la tesi -aiuterebbe l'euro e invierebbe un segnale forte sulla volontà dell'Eurotower di combattere l'inflazione. Un intervento deciso ora - ha spiegato il 'falco' austriaco Robert Holzmann - potrebbe scongiurare il bisogno in futuro di misure più dure che rischierebbero di contribuire a una recessione di Eurolandia.

Rodolfo Ricci

( 3 giugno 2022 )

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