A pochi giorni dalle nuove scadenze sui pagamenti del gas a Mosca, l'Ue apre alla possibilità per le aziende europee di procedere assecondando le richieste del Cremlino pur senza violare le sanzioni. Il divieto di pagare in rubli resta. Ma le società, una volta versata la somma in euro o in dollari, con una dichiarazione pubblica potranno considerare rispettati i loro obblighi contrattuali con Mosca. A quel punto, la conversione in rubli è un passaggio che riguarderà soltanto la Russia. E al quale Bruxelles si ritiene estranea. Il rebus, di non facile soluzione, è nato il 31 marzo scorso, quando il Cremlino ha varato un decreto che obbligava le aziende europee ad aprire due conti per acquistare il gas: uno in euro e uno in rubli. Decretando l'adempimento dei patti solo una volta che il versamento fosse stato convertito in moneta nazionale.
L'ordinanza però non precisava la tempistica per il cambio di valuta e coinvolgeva direttamente la Banca centrale russa, colpita dalle sanzioni dell'Occidente. Tutti elementi che, secondo gli esperti Ue, si traducevano in un'elusione delle misure restrittive. Bruxelles ha messo dunque nero su bianco che gli esborsi potevano essere eseguiti esclusivamente in euro o in dollari, senza però mai fare riferimento ai rubli. Un approccio che a diversi Stati membri non è bastato: in tanti, Italia inclusa, hanno chiesto maggiore chiarezza.
Intanto Bruxelles ha reso note anche le Previsioni economiche di primavera. La crescita dell'intera Eurozona rallenterà al 2,7% nel 2022 e al 2,3% nel 2023, tagliando le precedenti stime di febbraio che davano il Pil al 4% nel 2022 e al 2,7% nel 2023. Vola invece a livelli record l'inflazione: nel 2022 toccherà il 6,1% (contro il 3,5% previsto a febbraio), trainata dai prezzi dell'energia. Nel 2023 si prevede un'attenuazione al 2,7%. L'invasione russa dell'Ucraina "sta esacerbando i venti contrari alla crescita che in precedenza si prevedeva si sarebbero attenuati", evidenzia Bruxelles. Poi lo stop al gas russo potrebbe costare il 2,5% della crescita e il 3% del tasso di inflazione per l'Ue. Ma la Commissione europea ha tagliato anche le stime di crescita dell'Italia: il Pil dovrebbe scendere al 2,4% nel 2022 e rallentare all'1,9% nel 2023, rispetto al 4,1% e al 2,3% previsti a febbraio, a causa dell'impatto della guerra della Russia contro l'Ucraina che pesa su catene di approvvigionamento e prezzi.
Nelle previsioni di primavera Bruxelles segnala che "la maggior parte della crescita dell'Italia" per il 2022 è "attribuibile a un effetto di trascinamento legato alla rapida ripresa registrata nel 2021". A causa dell'attuale contesto geopolitico le prospettive restano soggette a pronunciati rischi al ribasso. "Il ritorno dell'economia dell'Italia ai livelli di produzione pre-crisi è posticipato alla seconda metà del 2022", evidenzia ancora la Commissione europea, indicando anche che l'economia dovrebbe tornare a un percorso di espansione più sostenuto il prossimo anno, "grazie agli investimenti del Pnrr finanziati dal Recovery fund".
Rodolfo Ricci