Il triangolo guerra-iperinflazione-rischio recessione affonda Wall Street, trascina in ribasso le Borse europee e non risparmia i titoli di Stato facendo volare lo spread a un soffio da 200: è finita nel giro di poche ore la calma apparente che la Fed aveva riportato, paradossalmente un punto a favore a chi, nella Bce, frena sulle decisioni future e invita alla prudenza. È lo scenario in cui si è risvegliato il presidente della Fed, Jay Powell, che solo ieri aveva implicitamente invitato alla calma escludendo un aggressivo rialzo dei tassi di 75 punti base. Non è bastato, se la Borsa di New York è partita con un capitombolo che supera -5% per il Nasdaq e -3% per il Dow Jones e S&P. Cancellando il rally di ieri e rimettendo in primo piano i timori d'inflazione, già all'8,5% in aprile, e di una recessione che potrebbe partire dai consumi vista l'erosione del potere d'acquisto delle famiglie: in una parola, stagflazione. C'è aria di turbolenze nei prossimi mesi, se l'amministrazione Biden è alla ricerca - come riporta la Cnn - di 60 milioni di barili di petrolio per reintegrare e ricostituire le riserve strategiche, intaccate per raffreddare i prezzi infiammati dalla guerra in Ucraina.
Sarebbe la prima dagli anni 2000 che il Dipartimento dell'Energia punta ad acquistare grandi quantità di petrolio per le riserve strategiche. Ci si mette anche l'Opec, che accontenta le richieste occidentali di pompare più greggio con una mossa cosmetica, un mini-rialzo della produzione da 432.000 barili al giorno a partire da giugno. Assolutamente insufficiente per compensare uno stop europeo al greggio russo, cancellerebbe il 10% del greggio dal mercato, mentre nella guerra delle sanzioni le capitali europee sono ancora alle prese col rebus posto da Putin: sottostare al ricatto di Mosca, che vuol riscrivere i contratti ritenendo il pagamento soddisfatto dopo la conversione in rubli, significherebbe disarmare le sanzioni dando un colpo all'unità dell'Occidente. Il risultato è che il petrolio Wti a New York arriva a sfondare quota 111 dollari al barile in rialzo di oltre il 3%, ai massimi da marzo, prima di rallentare. Il gas naturale sale del 2% a 105,89 euro al MWh ad Amsterdam.
E i prezzi dell'energia elettrica - mentre la politica discute come sganciarli dalle quotazioni del metano - volano ai massimi dell'anno, +6,2% a 228,75 euro per i futures tedeschi che fanno da riferimento europeo. Gli investitori - con la mossa di Biden che sembra un pò disperata e Riyad (che controlla l'Opec) sempre più inaffidabile - temono mesi di turbolenze. Corrono a scaricare azioni ma anche treasuries, col bond governativo Usa a dieci anni che resta sopra il 3% di rendimento a 3,09, +16 centesimi ai massimi dal 2018. E la tensione si scarica anche sull'Europa: all'apertura di New York gli indici europei virano in rosso: -0,6% Milano, -0,43% Parigi e -0,5% Francoforte in chiusura. Il bund tedesco supera di nuovo l'1% di rendimento (era sottozero prima dello scoppio della guerra di Putin), il Btp vola al 3,04% ai massimi da fine 2018, portando lo spread alla soglia di guardia dei 200 punti base. L'Europa è ancora più esposta degli Usa alla febbre energetica. E la mossa di Biden sulle riserve strategiche suona come un monito sui prossimi mesi. Ma la fragilità economica europea potrebbe indurre la Bce a una frenata dopo la recente svolta 'da falco' di gran parte dei governatori: "La tempistica per completare questo processo di normalizzazione è incerta", avverte il capo economista Philip Lane.
E Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo: "L'economia europea di fatto ristagna e questo rende le scelte per la Bce più complicate, perché una stretta monetaria per contenere l'inflazione finirebbe per frenare la crescita che già si sta indebolendo". Si delinea un fronte moderato in vista del Consiglio Bce di giugno: meglio aspettare i dati di crescita del secondo trimestre, e i pronostici non sono rosei. Fabio Panetta però assicura in un'intervista che la Bce è pronta a proseguire l'adeguamento della politica monetaria in estate se le circostanze lo richiederanno. "Sostenere l'Ucraina e impegnarsi perché la guerra finisca in fretta è anche il modo più efficace per ridurre rapidamente l'inflazione - spiega -. Anzitutto con la diplomazia, ma anche con le armi se necessario e richiesto, con un sostegno ai settori cruciali, tenendo aperta l'economia di Kiev, così da limitare anche i problemi di un Occidente che rischia di pagare cara la follia dello zar".
"Gli choc globali emersi a seguito della pandemia, il rincaro dei prodotti energetici, le strozzature all'offerta di beni, sono stati rafforzati dall'invasione dell'Ucraina - sottolinea Panetta - Le tensioni sono divenute persistenti e si sono acuite: l'inflazione è in aumento, mentre l'attività produttiva mostra segni di fiacchezza". Questo rende le scelte della Banca centrale europea più complicate, poiché una restrizione monetaria volta a contenere l'inflazione finirebbe per colpire una crescita già in calo.
Rodolfo Ricci