Partiamo dall’ultima dichiarazione uscita, in ordine di tempo. "Abbiamo bisogno di un aumento vigoroso dei tassi a settembre", ha detto il presidente della Bundesbank tedesca, Joachim Nagel, a Francoforte. "E nei prossimi mesi ci si deve aspettare nuovi passi sui tassi", ha aggiunto. Il corso della Bce sarà deciso l'8 settembre. Bisogna ricordare che l’inflazione di agosto nell’Eurozona ha toccato il livello record dell’9,1%. Allora la cura shock contro l'inflazione avviata dagli Usa e rilanciata dal capo della Federal Reserve Jerome Powell ora tenta anche l'Europa. L'asse dei "falchi" all'interno della Banca centrale europea si è rinsaldato proprio in occasione della trasferta americana nel Wyoming che ha spinto diversi banchieri centrali, dal finlandese Olli Rehn al francese Francois Villeroy de Galhau, a prendere ufficialmente posizione per un deciso rialzo dei tassi già nella prossima riunione a Francoforte l'8 settembre. Dopo i numerosi commenti - a borse chiuse - che puntano ad un rialzo tra 50 e 75 punti base, nemmeno l'intervento più pacato in avvio di settimana di Philip Lane, membro del board esecutivo della Bce, è riuscito a calmare il clima: la stragrande maggioranza dei rendimenti dei titoli di stato dell'Eurozona ha registrato rialzi superiori ai 10 punti base.
La tensione in Europa non è facile da sciogliere, e la situazione fa gola agli speculatori: le scommesse contro l'euro, ha scritto il Financial Times, sono risalite ai massimi dal marzo 2020, l'inizio della pandemia. I timori non sono soltanto per il rialzo dei tassi. Il quadro generale punta dritto ad un nuova recessione, ormai scontata anche per i previsori. Ma stavolta non è causata dallo stop forzato della produzione, come accadde allo scoppio della pandemia. Ora le cause sono molteplici, interconnesse e vanno quindi rimosse tutte. Una è il costo dell'energia, che ha raggiunto livelli insostenibili. L'autunno e il freddo sono alle porte, il rubinetto del gas dalla Russia rischia di chiudersi da un momento all'altro e i Paesi europei devono correre contro il tempo per evitare di mandare in bancarotta imprese e famiglie. Il prezzo dell'energia ha spinto al rialzo l'inflazione, che durante l'estate è passata anche ai generi alimentari mettendo l'indice sempre più sotto pressione.
E i consumi hanno iniziato a rallentare, aggiungendo rischi alla crescita del Pil. È in questo quadro, che qualche analista definisce 'la tempesta perfetta', che nasce il dilemma dei banchieri centrali: far salire i tassi in fretta per arginare l'inflazione, accettando il rischio che l'economia freni, oppure procedere con cautela proteggendo la crescita ma accettando il rischio che la corsa dei prezzi non si fermi. Anche il governatore della banca centrale lettone, Martins Kazaks, pianta la bandiera dei 'falch'i: "L'aumento deve essere forte e significativo, e in questo momento, direi di 50 o 75 punti base", ha detto a Jackson Hole. D'accordo anche il collega austriaco Robert Holzmann ("50 è il minimo per me"), con il finlandese Olli Rehn e il francese Villeroy de Galhau che chiedono "una mossa significativa a settembre".
Rodolfo Ricci