L'Italia, insieme a Francia e Spagna, va in pressing sulla Commissione europea per obbligare le Big Tech a contribuire con una "quota equa" ai costi delle reti di telecomunicazioni. Nonostante la "forte concentrazione" del traffico Internet di una manciata di piattaforme che forniscono video e contenuti in streaming abbia generato "costi specifici" per gli operatori delle tlc europei, sono questi ultimi i soli a investire nelle "parti più costose" dell'infrastruttura, evidenziano Roma, Parigi e Madrid in una missiva inviata all'esecutivo europeo, indicando la necessità di avere un "dibattito aperto" sui piani dell'Ue per far pagare un contributo alle Big Tech preservando il principio di neutralità della rete. Stando a uno studio pubblicato a maggio dall'associazione europea delle telco (Etno), negli ultimi dieci anni gli operatori hanno investito oltre 500 miliardi di euro nello sviluppo delle loro reti di telecomunicazioni fisse e mobili in Europa, ma il contributo economico di Meta, Google, Apple, Amazon, Microsoft, Netflix, che su quelle stesse reti generano oltre il 55% del traffico totale, è "poco o nullo".
Nello specifico, l'attività delle Big Tech costa a oggi fino a 36-40 miliardi di euro all'anno agli operatori europei. Nei mesi scorsi, altri sette Paesi membri avevano inviato una missiva analoga a quella di Italia, Francia e Spagna, esortando Bruxelles ad avviare un dibattito pubblico sulle "relazioni tra gli operatori delle tlc e le piattaforme". La vicepresidente Ue responsabile per la Concorrenza, Margrethe Vestager, ha segnalato a più riprese l'intenzione di considerare "con molta attenzione" la questione, riferendo che i suoi servizi sono impegnati a esaminare l'evoluzione del traffico dati nel tempo. L'annuncio di una consultazione pubblica Ue sul tema dovrebbe arrivare in autunno. Quindi Bruxelles impegnato a trovare una mediazione sulle richieste dei tre partner dell’Unione europea.
Ma la giornata è stata caratterizzata da un’altro evento. Infatti, è partito lo scudo antispread della Bce. E l'Italia ne è il maggiore beneficiario. A fine luglio gli acquisti di titoli italiani da parte della banca centrale ammontano a 9,8 miliardi di euro, quelli di bond spagnoli a 5,9 miliardi, quelli di titoli greci a 1,1 miliardi e di portoghesi a 0,5 miliardi di euro. Secondo i dati raccolti su base bimestrale elaborati dall'agenzia Bloomberg e riportati ieri dal quotidiano La Stampa, per i Paesi del Nord Europa invece gli acquisti sono diminuiti: il bilancio è di 14,3 miliardi in meno per la Germania, 3,4 miliardi in meno per i Paesi Bassi e 1,2 miliardi in meno per la Francia. Numeri che riflettono lo schema studiato dall'Eurotower che ha suddiviso i Paesi dell'area euro in tre categorie: donatori, beneficiari e neutrali.
Tra i donatori compaiono appunto Germania, Francia e Paesi Bassi, mentre i destinatari sono proprio Italia, Grecia, Spagna e Portogallo. "Sembra che la Bce abbia già attivato la sua prima linea di difesa - ha spiegato a Bloomberg Christoph Rieger, responsabile dei tassi di Commerzbank - Questa è di gran lunga la più grande riduzione nel possesso di bond tedeschi da quando la Bce ha iniziato il quantitative easing, molto maggiore di quanto ci aspettassimo".
Rodolfo Ricci