Venerdì 22 novembre 2024, ore 18:44

Diritti globali

Ilo, 168 milioni di bambini ancora costretti a lavorare

Quindici anni, un lavoro in nero e una famiglia da aiutare: questo è tutto ciò che aveva Giovanna Curcio quando morì nell’incendio di un laboratorio a Montesano sulla Marcellana (in provincia di Salerno) in cui cuciva materassi per un euro e cinquanta l’ora. Era il 5 luglio del 2006 e in questi 10 anni poco o nulla è cambiato. Semmai la crisi ha persino acuito il problema. Alla vigilia della Giornata mondiale contro il lavoro minorile che si celebra il 12 giugno, il Rapporto di monitoraggio sull'attuazione della Convenzione sui Diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia, realizzato dal Gruppo Crc (Gruppo di lavoro per la convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza) rileva come, nonostante le numerose sollecitazioni, il lavoro minorile non sia stato ancora inserito nell'agenda politica per monitorarlo e per individuare interventi di prevenzione e contrasto. Dati alla mano, dall'ultima indagine nazionale sul lavoro minorile, promossa da alcune associazioni aderenti al Gruppo Crc nel 2013, emerge che i minori tra 7 e 15 anni con una qualche esperienza di lavoro siano circa 340.000: quasi il 7% della popolazione in età, con una concentrazione delle esperienze di lavoro precoce tra i preadolescenti e in particolare tra i 14-15enni, tra chi, cioè, sta transitando dall'istruzione secondaria inferiore a quella superiore. Un fenomeno di cui si parla ancora troppo poco e che rappresenta una grave ipoteca non solo sul futuro di questi ragazzi, ma su quello del nostro Paese in generale. Per non dire degli abiti e degli accessori (non sempre a buon mercato) di cui ci dotiamo, ignari della loro provenienza da paesi che sfruttano la manodopera minorile su larghissima scala. Basta pensare che, secondo gli ultimi dati dell’Ilo, sono circa 168 milioni i bambini costretti a lavorare, 85 milioni dei quali impegnati in lavori pericolosi, ovvero quelli dove i bimbi rischiano la vita o causano malattie e disabilità permanenti. Si stima che siano 115 milioni i bambini tra i 5 e i 17 anni che lavorano in condizioni pericolose in settori diversi come l'agricoltura, le miniere, il manifatturiero, gli alberghi, la ristorazione e i servizi domestici. Un fenomeno che - come dicevamo - accomuna sia i paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo. E, sempre secondo l'Ilo, sarebbero circa 22.000 i bambini uccisi sul posto di lavoro ogni anno, mentre non si conosce il numero dei feriti o di quelli che si ammalano a causa del loro lavoro.

Philip Jennings, segretario generale di Uni Global Union e co-presidente della piattaforma contro di lavoro minorile dell'Ilo, cita il caso dell’accordo vincolante sul Bangladesh per spiegare come il mondo delle imprese possa rappresentare parte della soluzione al problema delle violazioni dei diritti del lavoro. Il direttore generale dell'Ilo Guy Ryder, dal canto suo, indica tre punti chiave nella lotta al lavoro minorile: istruzione gratuita, obbligatoria e di qualità, almeno fino all'età minima per il lavoro; l'adozione e l'applicazione delle buone leggi e politiche, con la cooperazione fra l'ispettorato del lavoro, il sistema di istruzione e altri servizi pubblici. Infine, Ryder parla anche della necessità di posti di lavoro dignitosi per i genitori come un modo per tenere i bambini a scuola, senza bisogno di lavorare.

Un appello fatto proprio anche dai sindacati che, per voce della segretaria generale dell’Ituc Sharan Burrow, fissano l'obiettivo del 2025 per eliminare il lavoro minorile. "Non dovrebbe essere difficile eliminare il lavoro minorile dalle catene di approvvigionamento globali e della produzione locale e ottenere i bambini a scuola”, dichiara. “E’ una questione di business responsabile e di volontà politica”.

( 10 giugno 2016 )

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