La riforma fiscale del presidente Trump è ormai al traguardo. Il Congresso, salvo imprevisti, oggi darà il via libera al testo definitivo che potrà così ottenere il sigillo presidenziale entro Natale. Trump si prepara a festeggiare. Non altrettanto farà l’Afl-Cio, la più grande confederazione sindacale degli Stati Uniti, che in un comunicato in sette punti boccia senza appello il provvedimento, spiegando le ragioni per le quali la riforma danneggerà in primo luogo i lavoratori e le loro famiglie. Qui ve le riproponiamo per sommi capi:
1) Grandi banche, hedge fund e altre aziende di Wall Street sono i maggiori vincitori della riforma. L'1% più ricco di famiglie riceverebbe l'83% dei tagli fiscali e lo 0,1% più ricco otterrebbe una riduzione delle tasse media di oltre 148.000 mila dollari. Non solo. La norma, secondo il sindacato, è così piena di complessi espedienti fiscali da incoraggiare le frodi (l’Italia questo problema lo conosce benissimo), facendo la fortuna di avvocati e commercialisti.
2) Vantaggi fiscali per chi delocalizza. La riforma fiscale repubblicana ridurrebbe a zero l'aliquota fiscale degli Stati Uniti sui profitti offshore, dando al- le società un incentivo a trasferire i posti di lavoro americani all'estero.
3) Riduzione dei sussidi Medicaid e Medicare. I leader repubblicani al Congresso hanno già dichiarato che l’aumento del deficit determinato dalla loro riforma sarà compensato da tagli su Medicaid, Medicare e Sicurezza Sociale. In preventivo i repubblicani hanno già messo il taglio di 1.500 miliardi di dollari su Medicaid e Medicare, esattamente il costo della riforma fiscale.
4) Aumento delle tasse per milioni di lavoratori. La famiglia media che guadagna meno di 93 mila dollari pagherebbe di più in tasse entro il 2027.
5) Abrogazione parziale della Affordable Care Act (Obamacare). La riforma fiscale, sostiene l’Afl-Cio, farà aumentare i contributi individuali per la sanità del 10%, 13 milioni di persone perderanno l'assicurazione sanitaria e fino a 15 mila persone in più potrebbero morire ogni anno.
6) Tagli all'istruzione pubblica. I tagli sulle detrazioni fiscali (statale e locale) previsti dalla riforma ridurrebbe i finanzia- menti statali e locali per l'istruzione, le infrastrutture e altri servizi pubblici essenziali.
7) Indebolimento dei sindacati. Mentre le aziende potranno ancora detrarre i loro pagamenti agli avvocati per combattere i sindacati, i lavoratori non potranno più detrarre le quote sindacali o quelle relative al lavoro come viaggi, abiti da lavoro, formazione professionale o strumenti di lavoro.
Quella dell’Afl-Cio è solo una delle tante voci che in questi mesi si sono spese per contrastare la riforma. Nel coro delle critiche, negli ultimi giorni si è aggiunta anche la voce del Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, che ha sottolineato i rischi di aumento del deficit in seguito al provvedimento. “È passato quasi un anno da quando Trump è entrato in carica. Ma ha già fatto enormi danni al sistema basato sulle regole ed è sulla buona strada per creare un deficit commerciale ancora più grande”, ha avvertito l’economista. Un parere analogo è arrivato da Michael Bloomberg, che ha criticato la riforma dicendo che è una “cantonata economicamente indifendibile”. Quello che è certo ad ora è che le aziende sono le vere vincitrici dell’accordo: la corporate tax nel 2018 passerà permanentemente dal 35% al 21%, le spese di ricerca e sviluppo sa- ranno deducibili, la alternative minimum tax (tassa sui redditi che scatta con aliquota unica sopra una certa soglia di reddito) verrà eliminata, i titolari di attività pass-through (per padroncini e partnership) avranno deduzioni sino al 20%. Per quanto riguarda le persone fisiche, vengono mantenute sette aliquote: 10%, 12%, 22%, 24%, 32% e per i più ricchi (ossia per i redditi da 500-600 mila dollari in su), 37% anziché 39,6%.