Venerdì 22 novembre 2024, ore 19:03

Wef Davos

Il gotha finanziario mondiale fa i conti con l’incubo recessione 

L'élite di policymaker, finanzieri e imprenditori a Davos si ferma sull'orlo della recessione globale: quasi un tabù, finché il vicecancelliere tedesco Robert Habeck rompe le righe e la evoca espressamente, e così l'espressione pian piano s'intrufola nei panel sulle prospettive economiche, spingendo il Fondo monetario a una posizione cauta: non la prevediamo, ma non si può escludere e comunque il 2022 sarà un anno "molto, molto duro". La recessione globale è l'incubo di Davos, significherebbe riconoscere che l'inflazione alle stelle, la risposta che inevitabilmente devono dare le banche centrali, ma soprattutto la guerra in Ucraina e i lockdown cinesi rischiano di precipitare l'economia globale in uno shock economico pari a quello della grande crisi finanziaria. Proprio quando, dopo la caduta del Pil nel 2020, ci si aspettava un anno di rinascita. Il più schietto, fra gli esperti che parlano nei panel del Forum economico mondiale in una Davos primaverile anziché innevata come ogni gennaio, è forse David Rubenstein, co-fondatore del colosso degli investimenti Carlyle. Che racconta che ai tempi del presidente Carter, di cui era adviser, si preferiva chiamare una recessione banana, anziché col suo nome tecnico e spaventoso.

Da Tokyo rimbalzano le parole del presidente Biden, negli Usa "una recessione non è inevitabile". Per contro il tedesco Habeck è diretto al limite del pessimismo cosmico: se non risolviamo il grumo di problemi legati alla crisi energetica, alimentare e d'inflazione, allora "stiamo andando verso una recessione globale". Christalina Georgieva, la direttrice generale del Fondo monetario internazionale, lancia l'allarme sui prezzi alimentari che "continuano a salire, salire, salire" e ricorda che il Fmi già ad aprile aveva tagliato le prospettive di crescita per ben 143 Paesi pari a oltre l'80% del Pil mondiale. Un nuovo peggioramento non si può escludere, spiega l'energica economista bulgara. ma all' Fmi una recessione globale "non la vediamo in questo momento".

Certo, "non significa che sia da escludere". Il problema è che tutto dipenderà dagli sviluppi dell'aggressione russa in Ucraina, dalle decisioni di Pechino, dall'impatto che il dollaro forte avrà sulle economie emergenti (si rischia uno shock per i più indebitati in valuta estera). E anche dalle banche centrali. Se la Fed va dritta come un treno sulla sequenza di rialzi aggressivi dei tassi da mezzo punto, la presidente della Bce Christine Lagarde cerca di delineare la roadmap graduale di Francoforte: dopo un rialzo dei tassi a luglio, la Bce potrebbe "essere in grado di uscire dai tassi di interesse negativi entro la fine del terzo trimestre".

Parole che implicano, col tasso sui depositi ora a -0,50%, due rialzi da 25 centesimi, uno a luglio, uno a settembre. "L'accordo è praticamente fatto", ha spiegato il governatore francese Francois Villeroy de Galhau. Tornando alla guerra in Ucraina, "i segnali di una crescente crisi alimentare sono evidenti. Dobbiamo agire con urgenza. Per questo sto lavorando con il presidente egiziano Sisi per affrontare le ripercussioni della guerra con un evento focalizzato sulla sicurezza alimentare e in Europa e nella regione. È tempo di porre fine alle dipendenze malsane", ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

Rodolfo Ricci

( 24 maggio 2022 )

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