La proposta di fissare un tetto al prezzo del gas potrebbe rompere il mercato unico. Il dubbio, difficile da dissipare, in queste ore frena Bruxelles dal concedere a Spagna e Portogallo il via libera a procedere con la loro 'eccezione iberica' di limitare il prezzo del gas in via temporanea e straordinaria. Tenendo con il fiato sospeso anche l'Italia che vorrebbe procedere sulla strada aperta da Madrid e Lisbona per intervenire contro il caro-energia acutizzato dalla guerra in Ucraina. E, nel frattempo, ha chiuso l'intesa sul gas con l'Algeria e procede a grande velocità per ridurre la dipendenza dalla Russia. Ferma ormai da due settimane sul tavolo dei tecnici della Commissione europea, la richiesta dei due premier Pedro Sanchez e Antonio Costa - vinte al tavolo del vertice europeo di fine marzo le resistenze politiche dei Paesi che difendono il libero mercato capeggiati dall'Olanda - si deve confrontare con le perplessità dell'esecutivo comunitario.
Che non nega la legittimità dell'istanza e l'eccezionalità della condizione dei due Paesi mediterranei, ma vorrebbe più chiarezza sulle modalità di finanziamento. E si chiede se il meccanismo non apra un precedente pericoloso per il mercato unico. Se regolare il prezzo del gas nella sola Penisola iberica poco connessa con il resto dell'Ue, è il ragionamento, potrebbe già comportare ricadute sulla vicina Francia, che cosa succederebbe se a richiederlo fosse un Paese più interconnesso? Una questione su cui Bruxelles sta cercando di ragionare, stretta tra la sacralità della libera concorrenza, i costi da sostenere per la transizione climatica e la situazione di massima tensione con la Russia. L'urgenza dei rincari sempre più pesanti per le bollette di imprese e cittadini fa comunque aumentare il pressing anche da parte dell'Italia che, per bocca della vice ministra agli Affari esteri, Marina Sereni, dal Lussemburgo è tornata a spingere per un impegno dell'Europa su "misure regolatorie immediate anche temporanee". Vale a dire il tetto temporaneo al prezzo del gas all'ingrosso - che potrebbe aggirarsi intorno agli 80 euro per megawattora per almeno tre mesi - e la riforma, voluta a gran voce anche dalla Francia, per disaccoppiare il prezzo del gas e quello dell'energia. Le proposte dell'Ue dovrà in ogni caso arrivare entro la fine del mese, dopo un'attenta lettura del rapporto tecnico Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (Acer).
Il dossier resta complesso e a frenare sono soprattutto la Germania e l'Olanda, che controlla il mercato internazionale Ttf. Quello che in gergo tecnico si chiama 'decoupling' per evitare il 'contagio' del caro-gas alle bollette dell'elettricità, potrebbe essere un 'boomerang' che, secondo L'Aja, potrebbe causare una distorsione della concorrenza e una riduzione degli investimenti nelle rinnovabili, facendo naufragare gli obiettivi climatici dell'Ue. Nel suo faccia a faccia con Mark Rutte, Mario Draghi ha cercato di fargli cambiare idea incassando un'apertura a studiare tutte le possibilità e a usare il 'pragmatismo'. Il resto potrebbero farlo gli sviluppi sui prezzi provocati dal conflitto. Ma "questa guerra deve cessare, perché in guerra ci sono solo sconfitti da entrambe le parti". Questo il messaggio più importante portato a Vladimir Putin dal cancelliere austriaco Karl Nehammer, primo leader di un Paese occidentale - membro della Ue ma non della Nato - a recarsi a Mosca dall'inizio dell'offensiva russa. "Non una visita amichevole ma un incontro molto difficile, molto duro, molto franco", al termine del quale Nehammer ha tuttavia ribadito "l'importanza di un confronto diretto" con il capo del Cremlino, che a suo giudizio "ha ancora fiducia nel processo di Istanbul, negli sforzi diplomatici e nei colloqui in Turchia".
Nessuna stretta di mano ha suggellato il colloquio, nessuna foto dei due leader, nessun incontro congiunto con i giornalisti. Condizioni poste dalla parte austriaca, presumibilmente per la preoccupazione che tali immagini potessero essere sfruttate dalla propaganda russa. E quindi potessero creare irritazione tra i Paesi della Ue più convinti sostenitori della linea intransigente verso Mosca, come la Polonia e i Baltici. Anche a loro Nehammer ha pensato assicurando di avere tenuto una linea dura con il capo del Cremlino, in particolare sui "crimini di guerra" e la responsabilità della Russia nella tragedia in atto, affermando che la guerra e l'occupazione dell'Ucraina "non saranno mai accettate". Il cancelliere ha inoltre accusato Mosca di preparare nell'est del Paese "un attacco brutale e massiccio", mentre sulle sanzioni Nehammer ha affermato che "resteranno in vigore e saranno ulteriormente inasprite finché in Ucraina le persone continueranno a morire". Il faccia a faccia si è svolto nella tenuta presidenziale di Novo-Ogaryovo, una trentina di chilometri a ovest di Mosca. Il Cremlino, che non ha fornito alcun resoconto del colloquio, aveva detto che probabilmente si sarebbe discusso anche di gas, visto l'interesse per l'argomento di un Paese come l'Austria, uno dei più esposti nella Ue alla dipendenza da Mosca. Non è un mistero, del resto, che proprio Vienna, insieme a Berlino, che ha appoggiato l'iniziativa di Nehammer, abbia finora posto le più forti resistenze ad includere le esportazioni russe nelle sanzioni. Qualcuno si chiede se l'accenno di Nehammer all'eventuale inasprimento delle misure punitive possa essere letto come una disponibilità a non imporne di nuove in cambio di un serio impegno negoziale di Mosca.
Rodolfo Ricci