Gli sviluppi economici più recenti suggeriscono che i tassi d'inflazione rimarranno molto alti nel breve termine fra le incertezze dei prezzi energetici, con gli stessi indicatori dell'inflazione di fonti "saliti oltre il 2% nei mesi recenti". Lo rileva la Bce nelle minute del Consiglio direttivo del 13-14 aprile, aggiungendo che "i rischi al rialzo sulle prospettive d'inflazione si sono intensificati, specie nel breve termine". Nella riunione, invece, i rischi di recessione o stagnazione venivano giudicati "limitati". Di fatto, le prospettive di crescita dell'area euro per il terzo trimestre "sono ancora relativamente positive" grazie alla spinta del turismo e nonostante l'incertezza creata dalla guerra, il peggioramento della fiducia, i rialzi dei prezzi energetici e i contraccolpi al commercio globale dai lockdown in Cina, hanno concluso i governatori della Bce nel meeting di aprile. In base alle minute della riunione, "anche la valutazione per il quarto trimestre resta positiva e finora la valutazione è che la guerra porterà a un temporaneo rallentamento della crescita, ma non a un ridimensionamento persistente".
Allora i "falchi" tornano alla carica alla Bce, con l'ipotesi di un 'jumbo-hike', un rialzo dei tassi d'interesse da mezzo punto per contrastare l'inflazione, dando una sterzata aggressiva alle aspettative dei mercati: ora le scommesse dei trader sono puntate su un punto in più di costo del denaro entro fine anno. E i tassi di mercato seguono a ruota, con i mutui ai livelli di tre anni fa. Se Joachim Nagel, il presidente della Bundesbank, si sta facendo sentire più volte la settimana a favore della stretta per contrastare l'allarme-inflazione, nei giorni scorsi è stato Klaas Knot, al vertice della Banca d'Olanda, a gettare la bomba: alzare i tassi a luglio - si parla di un quarto di punto - è "realistico". Ma qualora i nuovi dati evidenziassero un peggioramento dell'inflazione "un rialzo più consistente non dovrebbe essere escluso. In questo caso, il logico passo successivo sarebbe di mezzo punto". La Fed lo ha fatto nel meeting del 4 maggio, decidendo l'aumento dei tassi d'interesse più forte dal 2000 di fronte a un'inflazione al galoppo oltre l'8% ma con un'economia ben più solida di quella europea, che invece è particolarmente esposta alla guerra in Ucraina. I dati Usa su produzione industriale e consumi rafforzano la determinazione della Fed a dare priorità all'inflazione e il presidente Powell ha spiegato di avere "ampio supporto" a due altri rialzi da mezzo punto ai prossimi due meeting.
La Bce, invece, deve mettere sul piatto della bilancia i rischi più acuti per la crescita, gli equilibri di una zona euro in cui rischia di riaffacciarsi il rischio spread. La necessità di un'uscita soft dopo due anni di acquisti di debito per l'emergenza pandemica che hanno finanziato gli interi disavanzi dell'area euro e che termineranno a giugno.Un rialzo immediato di mezzo punto, insomma, rischierebbe di essere un trauma e non ha grandi chance di passare il vaglio del Consiglio direttivo che si riunisce ad Amsterdam il 9 giugno e poi a Francoforte il 21 luglio. Ma il segnale di Knot, l'allarme dei Paesi del Nord spaventati dall'inflazione al 7,5%, arriva forte e chiaro ai mercati.
Rodolfo Ricci