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Delocalizzazioni

I biscotti amari del presidente Trump

di Ester Crea

Non bastavano il Russiagate, le denunce di molestie sessuali, la storica vittoria dei Democratici in Alabama: a rendere più amaro il Natale del presidente Trump ci mancavano i biscotti Oreo. L’azienda che li produce, la Nabisco, è stata per lunghi anni un punto d’orgoglio - e una fonte di posti di lavoro sindacalizzati e ben pagati - nella città di Chicago. Nel 1993, l’azienda ricevette 90 milioni di dollari in sussidi fiscali per investire nell'aggiornamento e nell'espansione delle sue capacità produttive. Più di 20 anni dopo, nella primavera del 2015, iniziò a circolare la voce che la casa madre di Nabisco, la Mondélez International, avrebbe potuto nuovamente investire più di 100 milioni di dollari per modernizzare lo stabilimento di Chicago e aggiungere nuove linee di produzione. Quel luglio, tuttavia, il management annunciò che l'azienda avrebbe invece investito quei soldi per espandere le operazioni in un nuovo impianto da 500 milioni di dollari che aveva aperto a Salinas, in Messico, una mossa che secondo la società avrebbe consentito di risparmiare circa 46 milio- ni l'anno. A Chicago non sareb- bero stati più prodotti i famosi biscotti e 600 dei 1.200 dipendenti dell’impianto avrebbero perso il posto di lavoro. L’alternativa proposta dall’azienda al sindacato per salvaguardare l’occupazione era stato il taglio di 46milioni di euro sul monte salari. Un progetto che i rappresentanti dei lavoratori avevano rispedito al mittente. "Non mangerò mai più un altro Oreo. Mai. Ever!" aveva dichiarato Trump nell'ottobre 2016, cavalcando il malessere della classe lavoratrice che aveva subito gli effetti delle delocalizzazioni. Il messaggio funzionò, al punto tale da pesare non poco nella vittoria elettorale del tycoon. Nel frattempo, però, la situazione è addirittura peggiorata. Con la società che ha dichiarato l’obiettivo di produrre tutte le sue marche energetiche in Messico entro il 2018, determinando l’ulteriore delocalizzazione di centinaia di posti di lavoro fuori dagli Stati Uniti. E chi aveva creduto nelle promesse di Trump ora si sente tradito. E’ vero che l'amministrazione americana intanto ha avviato colloqui con il Canada e il Messico per rinegoziare l'accordo americano di libero scambio (Nafta) e i sostenitori del lavoro stanno sostenendo la speranza che un nuovo accordo possa fermere il deflusso di posti di lavoro americani in Messico. Ma quelli che seguono i negoziati rimangono scettici sul fatto che l'amministrazione Trump sia disposta ad allentare la morsa che le multinazionali hanno sulla politica commerciale degli Stati Uniti. Intanto, il piano fiscale repubblicano che Trump ha venduto come un fantastico accordo per la classe media potrebbe effettivamente incoraggiare le aziende americane a spostare le loro produzioni e posti di lavori all'estero. Una disposizione del piano fiscale istituirebbe un sistema "territoriale" per tassare i profitti stranieri, il che renderebbe molto più facile per le società evitare la tassazione internazionale e potrebbe spingere le aziende a ulteriori delocalizzazioni. "A differenza del sistema attuale, che assoggetta le società al reddito estero una volta che viene rimpatriato negli Stati Uniti, un sistema di tassazione territoriale esenta le entrate estere dalla tassazione degli Stati Uniti”, spiega Kimberly Clausing, docente di economia al Reed College. “Questo incoraggia ulteriormente le imprese a fare affari all'estero piuttosto che a casa, dal momento che ci saranno sempre paesi con tassi più bassi. Un sistema territoriale rende esplicita e permanente la preferenza per il reddito estero rispetto al reddito nazionale. Questa non è una politica America first ", chiosa. Anche il gigante dell'au- to di Detroit, Ford, ha annunciato la scorsa settimana che costruirà la sua nuova auto elettrica in Messico, rinunciando alla promessa fatta lo scor- so gennaio di lanciare la produzione nel Michigan, che all'epoca chiamava un "voto di fiducia" per il presidente Trump. “Non è una coincidenza”, dice Leo Gerard, presidente del sindacato United Steelworkers. "La Ford e altre grandi società hanno ottenuto ciò che volevano dai repubblicani sulle tasse, i prelievi drasticamente più bassi sui profitti interni e l'eliminazione totale sui profitti stranieri", aggiunge il sindacalista. Nel frattempo, l’addio al celebre biscotto nero alla crema, ha lasciato dietro di sé migliaia di lavoratori spaventati o abbandonati.

 

( 14 dicembre 2017 )

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