Dal 3 aprile al 28 giugno. Tredici settimane di scioperi, 2 giorni su 5, se il governo non ritirerà la riforma delle ferrovie che prevede la soppressione dello statuto dei lavoratori del settore. In totale, potranno essere 36 i giorni di greve . Una “pessima notizia per quei 4,5 milioni di francesi che prendono il treno tutti giorni”, hanno commentato i vertici delle ferrovie di Stato (SNCF). Di Stato ancora per poco, perché il nocciolo delle riforma prevede l’apertura alla concorrenza. Le forze sindacali presenti nella Societè Nationale des Chemins de fer Français, Cfdt, Cgt, Unsa, Sud-Rail, sono d’accordo sulla protesta ma non sulle rivendicazioni. Se Cgt e Sud-Rail fanno le barricate contro l’apertura alla concorrenza, Cfdt e Unsa si dicono pronte a una trattativa, anche se al termine dell’incontro con il ministro dei trasporti hanno però riconosciuto che non sembrano esserci le condizioni di un negoziato. Questo significa, come affermato dal Laurent Berger, che il tempo sta per scadere: ancora 2 settimane per aprire un dialogo prima di una primavera che per i francesi potrà portare molti disagi (anche Air France annuncia stop ai voli a ridosso di Pasqua). “Gli scioperi sono motivati dal fatto che per ora c’è stato nulla di più che un ascolto attento alle nostre istanze. Restano ancora 15 giorni per discutere”, dice il segretario generale della Confederation française democratique du travail. “Non cerchiamo - spiega - una mobilitazione fine a se stessa, anzi se possiamo lo evitiamo. Non vogliamo creare problemi ai francesi. La palla è nel campo del governo, la concertazione deve produrre dei risultati”. Cfdt e Unsa vogliono conoscere dall’esecutivo quali sono le condizioni di apertura alla concorrenza, e avere maggiori dettagli sul pacchetto sociale che concerne il dialogo sociale all’interno della SNCF. Ma sullo statuto non si transige. “Se ci assicurano che non lo toccheranno, non ci saranno scioperi”. Ma la Cfdt se la prende anche e soprattutto con Emmanuel Macron: “Riformare solo per riformare non ha senso, se non si dice dove si vuole andare e che modello di società si vuole costruire. Se la filosofia è quella di sconvolgere tutto a prescindere, per un progetto liberale in cui ognuno pensa a sé, non funzionerà”, avverte Berger. “Se invece - continua - si vuole affermare una società più inclusiva che comprenda una transizione ecologica e delle politiche sociali più attente ai più fragili, il senso delle riforme potrà essere compreso”.
(Articolo completo di Pierpaolo Arzilla domani su Conquiste Tabloid)