A quattro settimane dall’avvio dello sciopero più lungo della storia recente del gruppo Fca (ex Fiat) in Serbia, si moltiplicano le pressioni sui lavoratori dello stabilimento di Kragujevac (dove si produce la 500L) perché interrompano la protesta. In prima fila c’è il Governo di Belgrado che attraverso la stessa premier, Ana Brnabic, è arrivato a denunciare l’esistenza di interessi politici dietro lo sciopero. “Penso che dietro a ciò vi sia un interesse politico e che i lavoratori siano manipolati”, ha detto la premier alla tv pubblica Rts. Brnabic ha al tempo stesso respinto le affermazioni dei responsabili sindacali secondo cui il governo non comunica con loro. “Noi, il nuovo governo, sin dall’inizio siamo stati aperti e disponibili a trovare una soluzione insieme al sindacato e ai lavoratori, che sarebbe stata una vittoria per tutti noi”, ha detto, aggiungendo che il suo assistente ha avuto 23 colloqui con il capo del sindacato indipendente che guida lo sciopero Zoran Markovic, con il quale lei stessa avrebbe parlato. Oltre Brnabic, anche altri ministri sono intervenuti per convincere i lavoratori a rientrare in fabbrica. Lo stesso ha fatto il vecchio sindacato legato al governo. Entrambi accomunati dalla paura che Fca possa rivedere la sua presenza in Serbia.
Una tesi avvalorata anche dal quotidiano serbo "Blic", secondo il quale l’azienda avrebbe deciso di produrre un nuovo modello in Polonia invece che a Kragujevac. Il giornale, che cita fonti riservate all'interno del governo di Belgrado, precisa che potrebbe essere questa la ragione del rifiuto, da parte della dirigenza Fca, di condurre delle trattative con i rappresentanti dei lavoratori dello stabilimento serbo. Secondo la fonte citata dal giornale, la parte polacca avrebbe offerto condizioni estremamente vantaggiose, compreso un investimento di circa 100 milioni, per convincere Fca a produrre un nuovo modello in Polonia. Proprio la produzione di un nuovo modello è vista in Serbia come "la chiave per la sopravvivenza" dello stabilimento di Kragujevac, ricorda il quotidiano, mentre il contratto tra Fiat e il governo serbo scadrà nel 2018. A quel punto, senza più incentivi, il gruppo automobilistico potrebbe decidere di spostare la produzione. “Ma allora - osserva Gianni Alioti, responsabile dell’Ufficio Internazionale della Fim Cisl - lo sciopero non sarebbe altro che un pretesto, mentre il comportamento dell’azienda nei confronti della Serbia sarebbe esattamente quello che era stato denunciato in passato. E cioè che i soldi ce li metteva il governo e che le scelte aziendali (fatta eccezione per gli insediamenti italiani) fossero guidate esclusivamente dalla convenienza”.
(Approfondimento domani su Conquiste Tabloid)