A Bruxelles, oggi e domani, l’Europa si gioca una buona parte del proprio futuro. La vera cartina di tornasole sarà la capacità di trovare un’idea condivisa su come affrontare la questione migranti. La prima all’ordine del giorno. "La migrazione potrebbe diventare una questione esistenziale dell'Europa", ha detto Angela Merkel stamane al Bundestag, prima di partire alla volta della capitale belga. "O la gestiamo o nessuno crederà più al nostro sistema di valori". Poi ha aggiunto: "L'Italia ha diritto a che il fondo fiduciario per il Nordafrica venga finanziato meglio. E qui mancano i soldi. E questo va migliorato. Non possiamo lasciare soli i Paesi in cui si verifica la maggior parte degli arrivi. Questo è il nodo centrale del regolamento di Dublino 3". La cancelliera ha anche sottolineato che "chi chiede asilo non può scegliersi il Paese in cui chiederlo". Quindi Merkel ha aggiunto: "fino a quando su tutto questo non ci sarà un consenso a 28 andremo avanti con una coalizione dei volonterosi".
L’idea, dunque, è di trovare un minimo comune denominatore e poi procedere con chi ci sta, nel solco tracciato nei mesi scorsi dal tandem Merkel-Macron.
Secondo quanto anticipato nella lettera di invito ai leader dei 28, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk proporrà tre punti per assicurare il pieno controllo delle frontiere Ue, la lotta all'immigrazione irregolare, i rapporti con i Paesi di origine e transito per fermare i flussi. Poco, o nullo, lo spazio sui temi dell'asilo, dell'accoglienza e integrazione e della migrazione legale. Tutt'altro che chiare le indicazioni sulla eventuale corresponsabilità e la solidarietà europea nell'affrontare il tema. "Una precondizione per una vera politica migratoria dell'Ue è che gli europei decidano in modo efficace chi entra nel territorio europeo", avverte Tusk, spiegando la propria impostazione. "Ci sono voci in Europa e in tutto il mondo che affermano che la nostra inefficienza nel mantenere il confine esterno sia una caratteristica intrinseca dell'Unione europea, o più in generale - della democrazia liberale - scrive Tusk. Abbiamo assistito alla creazione di nuovi movimenti politici, che offrono risposte semplici alle domande più complicate" e ciò è "semplice, radicale e attraente". Secondo Tusk "la crisi migratoria fornisce loro un numero crescente di argomenti" e "sempre più persone iniziano a credere che solo un'autorità con il pugno duro, antieuropea e antiliberale, con una tendenza manifesta all'autoritarismo, sia capace di fermare l'ondata migratoria illegale. Se le persone credono loro, e sono convinte che solo loro possano offrire una soluzione efficace alla crisi migratoria, allora crederanno anche a qualsiasi altra cosa che dicono. La posta in gioco è molto alta. E il tempo è breve", conclude Tusk. Ma la verità è che i Paesi Ue (compreso il nostro) dovrebbero uscire da una contraddizione: non possono continuare a chiedere aiuto all’Unione e al tempo stesso essere sovranisti e decidere in autonomia e in contrapposizione. L’unica strada possibile per salvare l’Ue a questo punto passerebbe per la cessione di sovranità e la democratizzazione delle istituzioni, ad esempio attraverso l’elezione diretta del presidente della Commissione. Ma l’opzione non è sul tavolo. E quanto alla riforma del Regolamento di Dublino, già è scritto il rinvio al prossimo semestre, sotto la presidenza austriaca.