Il rialzo dei tassi dello 0,5% deciso dalla Bce ha spinto all'insù i rendimenti dei titoli di Stato e gli spread dei vari titoli nei confronti del Bund decennale tedesco, considerato sicuro e utilizzato quindi come benchmark di riferimento. In particolare sono corsi il differenziale e il rendimento dei Btp decennali italiani, rispettivamente a quota 230,7 punti e al 3,52% (+14,6 punti base), che si sono portati quasi al livello degli analoghi titoli greci. Il differenziale di Atene su Berlino ha chiuso infatti a quota 231,3 punti, con il rendimento in crescita di 8,4 punti al 3,256%. Una circostanza legata alla crisi di Governo che si è consumata a Roma mercati chiusi, quando lo spread tre Btp e Bund tedeschi era a quota 212 punti e il rendimento italiano era al 3,37%. Rendimento sopra il 2% anche per i titoli di Spagna (+0,3 punti al 2,472%), Portogallo (+0,6 punti al 2,387%) e Inghilterra (-9,5 punti al 2,042%). Gli spread dei 3 Paesi hanno chiuso rispettivamente a 125,9 punti, 117,4 punti e a 82,9 punti. Rendimento in calo di 1,6 punti all'1,81% per la Francia, il cui spread su Berlino è a quota 59,7 punti, mentre i buoni del Tesoro di Svezia e Paesi Bassi hanno un rendimento rispettivamente dell'1,562% (+0,6 punti) e dell'1,532% (-1,8 punti), con uno spread di 34,9 punti per Stoccolma e di 31,9 punti per Amsterdam nei confronti di Berlino.
Rendono l'1,213% (-3,7 punti) i Bund decennali tedeschi e l'unico Paese europeo con il rendimento decennale inferiore all'1% è la Svizzera, con un tasso dello 0,742% (-2 punti) e uno spread negativo di 47,1 punti nei confronti di Berlino. L'altro caso di spread negativo è il Giappone, con un rendimento dei titoli decennali allo 0,3% e un differenziale di -97,9 punti nei confronti del Bund. La novità della Bce riguarda proprio lo scudo anti-spread, che servirà a soffocare sul nascere le crisi del debito stile 2011. Ma non toglierà ai Governi le castagne dal fuoco eliminando episodi di turbolenza, come è evidente oggi dalla reazione dello spread Btp-Bund che, all'annuncio dello scudo, anziché scendere è salito.
Il Transmission Protection Mechanism ('Tpì) annunciato da Francoforte è, già nel suo nome, un compromesso fra le anime della Bce: non è un paracadute pronto ad attivarsi ad ogni fiammata dello spread. Ma uno strumento, che affianca quelli preesistenti, l'Omt di Draghi e i reinvestimenti del 'Pepp' pandemico, da attivare con lo scopo preciso di far sì che la trasmissione degli impulsi di politica monetaria sia omogenea nell'area euro. Il Tpi comprerà titoli di Stato (con la possibilità di estendersi ad altri bond) con scadenza fra uno e dieci anni, sterilizzando gli acquisti per non alimentare inflazione. Ma non fissa una soglia massima esplicita per lo 'spread'. Nessun automatismo: al contrario, la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha sottolineato che la Bce deciderà in maniera "discrezionale". Le condizioni per beneficiarne non sono quelle rigide del Mes, ma il Tpi non è nemmeno un assegno in bianco: rispetto del 'fiscal framework' Ue, l'assenza di gravi squilibri macroeconomici, sostenibilità del debito, rispetto degli impegni presi con il Recovery e con le raccomandazioni specifiche della Commissione Ue.
Poi bisognerà vedere cosa accade nell’altra sponda dell’Atlantico. Infatti, l'inflazione corre negli Stati Uniti e la Fed prepara una nuova stretta. La banca centrale americana si avvia ad alzare il costo del denaro di un altro 0,75% nel tentativo di raffreddare l'economia e, di conseguenza, la volata dei prezzi schizzati in giugno al 9,1%, ai massimi dal 1981. Un balzo record che ha portato alla ribalta l'ipotesi di un aumento dei tassi dell'1%. "Saremo guidati dai dati", ripetono come un mantra i componenti della Fed in vista della prossima riunione del 26 e 27 luglio. Gli analisti sono convinti che Jerome Powell non si spingerà a tanto e danno ormai per scontato un ritocco al rialzo da 75 punti base che, già digerito da Wall Street, non dovrebbe causare eccessivi scossoni visto che alcuni dati economici, fra i quali le richieste di sussidi alla disoccupazione, mostrano i primi segnali di rallentamento.
La Fed dovrebbe muoversi come una "tartaruga" non come una "lepre", afferma Alan Blinder, professore di Princeton ed ex vicepresidente della Fed. "Alzando i tassi troppo velocemente rischi di spingersi troppo oltre", aggiunge Blinder in un editoriale sul Wall Street Journal. Un timore condiviso da più parti: la Fed falco rischia involontariamente di rallentare in modo eccessivo l'economia e di non centrare quell'atterraggio morbido che è il suo obiettivo. Complici i rialzi dei tassi della Fed, che ha avviato ormai da mesi un ciclo aggressivo di aumenti del costo del denaro, l'economia americana rischia di scivolare in recessione. Il Fondo Monetario Internazionale - atteso presentare la prossima settimana l'aggiornamento delle sue stime di crescita - ritiene che gli Stati Uniti potrebbero riuscire di misura a evitare una recessione.
Rodolfo Ricci