Deliveroo se ne va in Africa. E nella capitale d’Europa monta la protesta. L’azienda inglese decide di delocalizzare in Madagascar il servizio clientela, e in Belgio i dipendenti scendono nella centralissima avenue Louise per chiedere migliori condizioni di lavoro e coperture assicurative. Otto delle 14 persone del servizio clientela bruxellese sono state licenziate. Nella capitale belga verranno mantenuti solo i contatti con ristoranti locali. Oltre alla revisione del piano di delocalizzazione, i lavoratori dei sindacati CSC-Transcom e CNE chiedono all’azienda l’avvio di una contrattazione collettiva. L’impressione, infatti, osservano con imbarazzo e tanta preoccupazione i dirigenti sindacali, e che si sia tornati agli inizi delle lotte sindacali alla metà dell’Ottocento, quando cioè “non avevamo ancora strumenti giuridici a disposizione”, dice alla stampa francofona, un delegato della CNE. Inciampi della globalizzazione ultra liberista, dunque. Triplo salto mortale all’indietro, per (ri)piombare in una modernità che sembra tale solo per i padroni del vapore. Mentre ai padroncini delle biciclette, i ragazzi delle consegne per intenderci, sono riservati trattamenti inquietanti. Non essendo contemplati permessi, per esempio, i giovani corrieri sono costretti a lavorare anche nei periodi in cui sono sotto esame: l’alternativa, naturalmente, è perdere il lavoro.
(Articolo completo di Pierpaolo Arzilla, domani su Conquiste Tabloid)