Uno scenario che può essere analizzato partendo dagli ultima dati sull’inflazione. In attesa di quelli dell’intera Eurozona, pubblicati dall’Eurostat, si guarda ai numeri della Germania. Nel mese di dicembre l’inflazione armonizzata tedesca è tornata a salire: il dato è schizzato al 3,8% su base annua dal precedente 2,3% della passata lettura per via di effetti base sfavorevoli sulla componente energia, restando tuttavia al di sotto delle stime degli analisti che si attendevano un Cpi al 3,9%. Guardando in prospettiva, però, l’inflazione dovrebbe tornare a scendere da gennaio 2024, seppur in maniera lenta. "L’inflazione è rimbalzata a dicembre, rafforzando le ragioni per cui la Banca centrale europea dovrebbe aspettare ancora un po’ prima di discutere i tagli dei tassi", segnalano gli esperti di Ing commentando il dato tedesco diffuso nel pomeriggio di ieri. In particolare, per l’istituto di Francoforte che resta sempre cauto sul tema inflazione, "questa riaccelerazione rafforza la decisione di mantenere una mano molto ferma e di non affrettarsi a prendere decisioni di taglio dei tassi". Ing conferma la stima di un primo taglio dei tassi da parte della Bce a giugno.
Poi arriva Eurostat: si arresta la discesa dell'inflazione a dicembre nell'Eurozona. Infatti, secondo la stima flash, il mese scorso l'indice che misura l'andamento dei prezzi al consumo si è attestato al 2,9% rispetto al 2,4 di novembre. A incidere sull'andamento dell'inflazione soprattutto una riduzione dei prezzi dell'energia meno marcata: a dicembre la flessione è stata del 6,7% contro l'11,5 di dicembre. L'aumento più forte è stato invece quello dei prezzi di alimentari, alcolici e tabacco (più 6,1% contro il 6,9% di novembre). E quindi? Le Borse europee peggiorano dopo l'inflazione nell'Eurozona che a dicembre, e il dato è uno degli elementi che sarà valutato dalla Bce per decidere le prossime mosse sulla politica monetaria. In rapido aumento i rendimenti dei titoli di Stato. Sul fronte valutario l'euro scende a 1,0908 sul dollaro. Ma iI dati sull'inflazione dell’Eurozona ( preoccupano i l dato tedescoa e francese), tornata a salire a dicembre, e quelli sulle richieste di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti, inferiori alle attese, consolidano il ripensamento del mercato sulle tempistiche e l'incisività con cui le banche centrali andranno a tagliare i tassi nel 2024, con previsioni meno ottimistiche di quanto non fossero sul finire del 2023. Gli operatori stanno riducendo di una decina di punti base le loro scommesse sul taglio dei tassi da parte delle banche centrali, con la Bce attesa nel 2024 a una riduzione del costo del denaro di 156 punti base e la Boe di 135 punti base.
Alla retromarcia contribuiscono i segnali di ripresa dell'inflazione a dicembre - complice il venir meno dei sussidi per l'energia - e i segnali di resilienza dell'economia che sono arrivati dagli indici pmi dell'Eurozona e dal mercato del lavoro americano. A farne le spese sono soprattutto i bond, con rialzi dei rendimenti a doppia cifra in gran parte dell'Europa: quello del Btp decennale sale di 14 punti base al 3,83% mentre il Bund cresce di 12 punti al 2,14%, con lo spread tra i due titoli che sale a 169 punti base.
Allora ci si aspettano segnali più chiaro dall’altra parte dell’Atlantico. Macche! I rialzi dei tassi sono probabilmente finiti ma la Fed non offre alcuno spunto su quando sarà il primo taglio del costo del denaro. Nei verbali della riunione del 12 e 13 dicembre, la banca centrale parla di progressi sul fronte dell'inflazione: il target del 2% si avvicina e i rischi di nuovi balzi sono diminuiti. Nonostante questo la politica monetaria è destinata a restare restrittiva per diverso tempo. I tassi sono al "picco o vicino", si legge nelle minute dell'ultima riunione dell'anno. Un'affermazione con la quale la Fed si concede una maggiore flessibilità nel caso in cui fosse costretta a inasprire ulteriormente la sua politica monetaria.
"È possibile che l'economia evolva in modo da rendere appropriati ulteriori rialzi. Alcuni componenti hanno anche osservato come le circostanze potrebbero garantire che il costo del denaro resti al valore attuale più a lungo di quanto anticipato", proseguono i verbali riferendo delle posizioni all'interno del board della banca centrale. La Fed quindi ammette che sulle previsioni sull'andamento del costo del denaro c'è un'elevata incertezza.
Gli osservatori si attendevano indicazioni sulla tempistica dei tagli - con la prima sforbiciata attesa già in marzo - ma sono rimasti a bocca asciutta. A pesare sono le difficoltà delle 'magnifiche sette' dell'industria tecnologica: sono in calo da quattro sedute consecutive e hanno mandato in fumo 370 miliardi di capitalizzazione di mercato. A guidare i ribassi è Apple che sconta il downgrade di Barclays in seguito ai dubbi sulla domanda dell'iPhone, e al mancato rimbalzo di Mac, iPad e dei dispositivi che si indossano.
Rodolfo Ricci