La Commissione vuole ampliare l’applicazione della direttiva sui contratti di lavoro, la cosiddetta direttiva sulla dichiarazione scritta (Written Statement Directive). L’obiettivo dell’esecutivo Ue è diretto sulle nuove forme di occupazione: dal lavoro a chiamata a quello regolato da voucher, fino agli impieghi nell’economia collaborativa (o platform workers). Modernizzare dunque le regole per adattare un mercato del lavoro che certamente non è lo stesso del 1991. In quell’anno, infatti, la direttiva sulla dichiarazione scritta entrava in vigore, per assicurare a chi iniziava un nuovo lavoro che tutti i suoi diritti fossero indicati esplicitamente sul contratto. Ventisei anni dopo, il provvedimento non riesce più coprire ogni tipologia contrattuale, e alcune categorie, come lavoratori domestici, a chiamata o con contratti a zero ore sono i più esposti a ogni tipo di creatività contrattuale che spesso coincide con garanzie salariali e sociali a dir poco discutibili. Migliorando la tempestività e le informazioni fornite nel contratto, sostiene la Commissione, i lavoratori saranno più consapevoli dei loro diritti e quindi più in grado di farli valere. Per i datori di lavoro, aggiunge Bruxelles, l’aggiornamento delle regole porterà maggiore chiarezza e certezza giuridica ed eviterà la concorrenza sleale. Sono 3 gli emendamenti fondamentali della direttiva. Il primo, come accennato, è l’estensione del provvedimento a tutti i lavoratori, compresi gli atipici e a termine. Il secondo elemento di novità serve a rafforzare il principio delle informazioni scritte sulle condizioni di lavoro applicabili, come il periodo di prova o gli straordinari. La nuova direttiva, infine, si propone di fissare alcuni principi fondamentali come il diritto a un grado di prevedibilità del lavoro per i lavoratori con contratti molto flessibili o il diritto a una durata massima di prova. Durante consultazioni con la Commissione, le posizioni delle parti sociali europee sono state distanti da subito, come riconosce lo stesso esecutivo Ue. Se i sindacati si sono dimostrati naturalmente molto interessati all’opportunità di aggiornare l’efficacia della direttiva sulla dichiarazione scritta, soprattutto nell’ottica di migliorare le condizioni generale dei lavoratori più vulnerabili contrattualmente, le organizzazioni dei datori hanno espresso subito grande scetticismo. Questo ha impedito alle parti anche di cominciare a pensare a un’ipotesi di negoziato, che tuttavia resta possibile in una seconda fase della consultazione che verrà avviata da Bruxelles. Imprese e sindacati Ue hanno ancora tempo fino al 3 novembre per provare ad abbozzare una posizione comune almeno su alcuni aspetti della proposta legislativa, che la Commissione intende presentare ufficialmente entro fine 2017. La Ces si è mostrata subito disponibile al dialogo, ma riconosce anche quali possono essere i pericoli in una partita molto delicata, che come tale può nascondere qualche trappola. Non a caso, nei giorni scorsi la Confederazione europea dei sindacati ha chiesto chiaramente alla Commissione di non assecondare la melina di chi ha interesse ad allungare i tempi dell’iter con l’obiettivo di far cadere qualsiasi proposta di riforma della direttiva. Il sindacato di Bruxelles sostiene, dunque, le iniziative Ue per un forte pilastro europeo dei diritti sociali, e propone un piano di azione per l’attuazione dello stesso pilastro, ma chiede “iniziative specifiche e concrete, non semplici principi”.
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