Mentre il ministro dell'ambiente Gilberto Picchetto grida vittoria sul dossier Ue per le case green, da Bruxelles arrivano stime che ridimensionano molto l'impatto potenziale sul patrimonio immobiliare nazionale della futura direttiva sulla performance energetica degli edifici. Alle cifre diffuse nei giorni scorsi dalle organizzazioni di settore - secondo cui con l'approvazione delle nuove norme in discussione a Bruxelles su 12,2 milioni di edifici 9 milioni risulterebbero non in regola - fonti europee hanno risposto ieri stimando in un massimo di 3,7 milioni gli immobili italiani che dovrebbero essere ristrutturati entro il 2033 per mettersi in regola. Le discrepanze dipendono più che altro dalle versioni della direttiva che vengono prese in considerazione. Il calcolo che porta a 3,7 milioni è il risultato dell'applicazione senza modifiche della proposta della Commissione europea presentata nel 2021. I numeri cambiano, e sono molto meno prevedibili, se invece si guarda ai criteri scelti dal Consiglio Ue nell'approccio comune raggiunto nell'ottobre 2022. Ma le cifre sarebbero ancora diverse se si applicasse la versione della direttiva che sta prendendo forma in questi giorni al Pe in vista dell'esame fissato per il 9 febbraio in commissione.
Secondo la procedura legislativa Ue, il testo definitivo sarà frutto del compromesso che si troverà al termine del negoziato tra le posizioni delle tre istituzioni Ue (Commissione, Consiglio ed Europarlamento). Che sono tutte d'accordo sulla priorità da dare all'efficienza dei consumi domestici nell'era dello shock dei prezzi dell'energia, ma ciascuna ha una sua strategia sul come arrivarci. Nella sua proposta originaria, la Commissione ha previsto di modificare l'attuale direttiva europea sulla performance energetica rivedendo le classi energetiche da A a G per concentrare gli interventi di ristrutturazione sul 15% degli edifici più energivori, designati con classe G da ciascun Stato membro. Secondo i target della Commissione questi immobili dovrebbero passare dalla classe G alla F entro il 2030 e alla classe E entro il 2033. Gli Stati, (ovvero il Consiglio), hanno preferito un altro approccio, una "traiettoria" che dovrebbe portare ogni Paese ad avere una performance energetica del patrimonio immobiliare residenziale in classe D entro il 2033, ma calcolata sulla media di tutti gli immobili. L'Europarlamento è la più ambiziosa delle tre istituzioni. Secondo un emendamento di compromesso che dovrebbe essere messo ai voti il 9 febbraio, le classi energetiche da raggiungere entro il 2030 e il 2033 sarebbero rispettivamente la E e la D.
Ma nel corso dell'iter legislativo questi parametri potranno ancora cambiare. Ed anche per questo Picchetto ha sentito l'esigenza di intervenire nel dibattito per sottolineare che in ogni caso "sarà il governo italiano e nessun altro a decidere tempi e modi per rendere sostenibile il patrimonio immobiliare del nostro Paese. Non abbiamo accettato un testo penalizzante per l'Italia. Al contrario - per il ministro - il nostro Paese ha vinto una battaglia a Bruxelles facendo passare una soluzione di mediazione sugli standard minimi di prestazione che alcuni Paesi volevano più stringenti". Piccoli passi avanti anche su un negoziato che resta complesso.
La trattativa tra Italia e Ue sulle modifiche al Piano nazionale di ripresa e Resilienza va avanti ed è stata tra i temi affrontati nella missione a Bruxelles di Raffaele Fitto. Il ministro per gli Affari Ue, la Coesione e il Pnrr a Palazzo Berlaymont non ha visto solo tre commissari europei - Elisa Ferreira, Thierry Breton e Margrethe Vestager - ma avuto anche incontri «tecnici» proprio sul Pnrr. Il nodo resta quello del completamento dei target entro il 2026, in un contesto inflattivo oggi ostile: all'Italia, in via teorica, servirebbe più tempo. L'obiettivo è arrivare ad un punto di incontro con la Commissione.
Finora sono stati due i Paesi che ufficialmente hanno chiesto e ottenuto revisioni ai loro piani: Lussemburgo e Germania. Il sì dell' Ue a Berlino è arrivato proprio mentre Fitto era a Bruxelles e rappresenta di certo una sponda per l'Italia, anche se la partita del governo è diversa e più ampia. L' Ue, per quanto riguarda la richiesta di Berlino, ha acconsentito alle modifiche di due progetti: un programma di ricerca e sviluppo sui vaccini e un progetto di digitalizzazione delle ferrovie. In quest'ultimo caso la Germania ha chiesto di posticipare la finalizzazione del progetto, prevista nel primo trimestre del 2023. Per l' Ue una revisione del proprio piano è possibile "in casi limitati e ben definiti, tra cui quando circostanze oggettive rendono non più raggiungibili tappe o obiettivi specifici", ha ricordato la Commissione dando luce verde. Ed è in questo alveo che dovrà muoversi l'Italia. Nelle prossime ore sul tavolo di Fitto giungeranno le richieste dei singoli ministeri sulle modifiche del Piano. L'obiettivo è fare presto: entro la fine di gennaio il governo punta ad avere un quadro esaustivo per il decreto che, oltre a presentare la revisione del Pnrr, modificherà la sua governance.
Rodolfo Ricci