Non era atteso dagli analisti statunitensi. L'economia americana rallenta e cresce solo dell'1,6% nei primi tre mesi dell'anno, ben meno delle attese. Una frenata che innervosisce ma che non preoccupa quanto le persistenti pressione inflazionistiche: l'indice core delle spese per i consumi personali è infatti salito al 3,7% dal 2% dell'ultimo trimestre del 2023, superando anche le attese che indicavano un +3,4%. Per Wall Street un mix di dati esplosivo che fa affondare i listini, facendo temere per un atterraggio morbido dell'economia e allontana il taglio dei tassi da parte della Fed. A pesare sui listini americani, in calo dell'oltre 1,5%, sono anche le trimestrali non convincenti a partire da Meta che, pur svelando conti sopra le attese, ha gelato gli entusiasmi prevedendo un rallentamento dei ricavi nel secondo trimestre e maggiori spese per l'intelligenza artificiale. Una crescita all'1,6%, in calo rispetto al +3,4% degli ultimi tre mesi del 2023, allontana una riduzione del costo del denaro da parte della Fed, alimentando ancora di più dubbi di coloro che sono convinti che la banca centrale non taglierà i tassi quest'anno.
Gli analisti ritengono che una riduzione non ci sarà prima di novembre, se non in dicembre. I riflettori sono puntati sulla riunione della Fed della prossima settimana e sulla conferenza stampa di Jerome Powell terrà l'1 maggio, durante quale potrebbe fornire indicazioni sulle prossime messo. "Se la crescita continua lentamente a decelerare, ma l'inflazione decolla nella direzione sbagliata, le attese di una riduzione del costo del denaro da parte della Fed appaiono sempre più fuori portata", afferma Olu Sonola di Fitch. Sameer Samana di Wells Fargo descrive i dati come "quasi da stagflazione", mentre Lindsay Rosner di Goldman Sachs Asset Management parla di dato sul pil deludente che riflette la minore crescita della domanda dei consumatori e della spesa del governo. "Detto questo, l'attenzione è comunque inequivocabilmente sull'inflazione", ha spiegato Rosner con il Financial Times. Per Joe Biden il dato è una doccia fredda, che complica le sue chance di rielezione. L'andamento del Pil mostra una crescita stabile ma "c'è ancora lavoro da fare. I costi sono troppo alti per le famiglie e mi sto battendo per abbassarli", ha spiegato il presidente attaccando i repubblicani. "Non hanno un piano per ridurre i costi - ha osservato -. Si stanno battendo per concedere tagli delle tasse ai ricchi e alle grandi aziende".
Dall’altra sponda dell’Atlantico, invece, scende in campo l’Eurotower per commentare le nuove regole europee sui conti pubblici. Il nuovo Patto di stabilità comporterà misure di consolidamento comprese, in media, tra 0,4 e 0,6 punti percentuali di Pil all'anno nel biennio 2025-2026, e potrebbero avere un impatto sulla crescita dell'Eurozona tra 0,2 e 0,4 punti ogni anno: è la stima contenuta appunto in un approfondimento del bollettino economico Bce di aprile, dedicato all'impatto macroeconomico del nuovo Patto Ue.
L'effetto maggiore sul Pil si avrà scegliendo l'aggiustamento in quattro anni, invece sarà più contenuto spalmandolo su sette anni. La flessibilità prevista dalle regole potrebbe attenuare il colpo, comporterebbe aggiustamenti più elevati in futuro. L'adesione al nuovo Patto "comporterebbe, nel complesso, un ulteriore inasprimento delle politiche di bilancio per il biennio 2025-2026 rispetto allo scenario di base delle proiezioni di marzo 2024 formulate dagli esperti Bce", scrivono i tecnici.
A seconda della durata del periodo di aggiustamento (da quattro a sette anni), gli scenari ipotizzano che i governi adottino misure di consolidamento per un valore compreso, in media, tra 0,4 e 0,6 punti percentuali del PIL nel biennio 2025-2026. Nel complesso, a livello aggregato di area euro gli scenari elaborati dagli economisti ipotizzano che il 70% del consolidamento sarà realizzato dal lato della spesa e il 30% dal lato delle entrate (in quest'ultimo caso, meno della metà sarà realizzato attraverso imposte indirette nette). Se la composizione dell'aggiustamento fosse questa, ci sarebbero solo effetti modesti sul Pil, in particolare in caso di aggiustamento su un orizzonte temporale di sette anni. La Banca centrale europea sottolinea che le sue stime su aggiustamenti ed effetti sul Pil sono caratterizzati da notevole incertezza.
Tempi e composizione del consolidamento devono essere ancora concordati nei piani strutturali di bilancio nazionali, e non sono ancora noti i rischi connessi all'attuazione pratica delle regole, come ad esempio la flessibilità consentita ex post qualora i Paesi usufruissero del margine di deviazione previsto. Una posizione attendista, dunque, che non aiuta, come è naturale, ad avere un quadro preciso sull’impatto reale che avranno le nuove regole sui conti pubblici dei Paesi dell’Unione europea.
Rodolfo Ricci