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Brexit, schiaffo a May. Corte Suprema: voti il Parlamento

Nuovo schiaffo al governo May. La Corte Suprema di Londra, infatti, stamane ha disposto in via definitiva che la notifica dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona per l'avvio dei negoziati con l'Ue per la Brexit dovrà essere autorizzato da un voto del Parlamento britannico.

Il verdetto conferma quello di primo grado dell'Alta Corte e dà torto a Downing Street, che aveva presentato ricorso invocando il diritto ad attivare l'articolo 50 d'autorità, nel rispetto della volontà popolare del referendum del 23 giugno.

La Corte, però, ha escluso qualunque potere di veto da parte delle assemblee di Scozia, Galles e Irlanda del Nord sull’uscita della Gran Bretagna dall'Ue, respingendo il tentativo di far valere in questo caso il potere della devolution.

Il governo May, per voce dell'attorney general Jeremy Wright, si è detto "deluso" dell'esito della controversia legale che impone un voto del Parlamento per l'attivazione dei negoziati sulla Brexit, sottolineando però che la sentenza non mette in discussione il referendum e annunciando la presentazione alle Camere di una legge ad hoc per l'avvio alle procedure di divorzio dall'Ue.

Intanto, però, esultano gli europeisti. Gina Miller, l'imprenditrice che per prima aveva sollevato la questione del voto della Camera dei Comuni, ha osservato trionfante che "solo il Parlamento è sovrano" e "nessun governo può aspettarsi che le sue azioni non debbano essere scrutinate e valutate". La May può consolarsi almeno con il fatto che la Corte suprema ha chiarito che il governo non ha l'obbligo di consultare i parlamenti di Galles, Irlanda del Nord e Scozia, come ha spiegato il presidente della Corte, Lord David Neuberger, in un'aula affollatissima. Il coinvolgimento dei tre parlamentini rischiava di trasformarsi in una trappola politica, in quanto le tre regioni sono contrarie all'uscita dall'Ue. La Corte suprema ha assicurato che non èsua intenzione ribaltare il voto popolare e ha sottolineato che ora la questione diventa "solo politica e non più giuridica".
 

( 24 gennaio 2017 )

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