"Bisogna sostenere sia l'Ucraina che Israele per non minare la stabilità democratica nel mondo", per gli Usa è anche una questione di sicurezza nazionale perchè "il costo dell'inazione e dell'abbandono sono molto più alti": è il messaggio chiave del discorso in prima serata di Joe Biden alla nazione, dopo la storica visita lampo in Israele, la prima di un presidente americano in tempo di guerra. E alla vigilia del summit Usa-Ue alla Casa Bianca con la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel: un altro banco di prova dell'alleanza transatlantica sullo sfondo dei due conflitti. Inevitabile per Biden l'appello al Congresso ad uscire dalla lunga impasse della nomina dello speaker alla Camera, a causa delle divisioni repubblicane, e ad approvare in modo bipartisan la sua imminente richiesta di fondi di emergenza: non solo per Ucraina e Israele ma anche per Taiwan e per la protezione del confine col Messico dalle ondate migratorie.
Una torta da 100 miliardi di dollari, di cui 60 solo per Kiev secondo Nbc, una somma vicina a quella erogata dall' inizio dell'invasione russa e che consentirebbe quindi a Volodymyr Zelensky di avere garanzie di assistenza a più lungo termine nella guerra contro Mosca. Ignota la cifra che andrebbe a Israele, che dagli Usa già riceve circa 4 miliardi l'anno in base ad un memorandum decennale. Il pacchetto - i cui dettagli saranno illustrati a breve - è stato congegnato in modo tale da legare gli aiuti all'Ucraina, cui molti repubblicani sono contrari, alle altre emergenze su cui quasi tutti sono d'accordo. Risolta la questione speaker, forse con l'allargamento dei poteri di quello temporaneo Patrick McHenry dopo che Jim Jordan ha rinunciato al terzo voto, la Camera potrebbe cominciare anche i negoziati per evitare lo shutdown di metà novembre. È la seconda volta che Biden tiene un discorso in prime-time dallo studio ovale, dopo quello di giugno per annunciare l'accordo bipartisan contro il default, poi tradito dai repubblicani.
Un'occasione per riflettere sui 600 giorni di guerra in Ucraina e sui brutali attacchi di Hamas contro Israele, spiegando che gli Usa non possono sottrarsi a quello che è un loro dovere verso gli alleati. Ma anche un loro interesse di sicurezza nazionale, in un quadro geopolitico dove la Cina, il principale avversario degli Usa, rafforza il suo arsenale nucleare in modo più veloce del previsto (500 testate, 100 in più rispetto allo scorso anno secondo il Pentagono) consolidando l'alleanza con la Russia ed entrando a gamba tesa insieme a Mosca anche nel conflitto mediorientale. L'obiettivo del presidente è anche non alienarsi nel sostegno a Kiev quel Sud del Mondo che simpatizza per la causa palestinese e digerisce male la posizione di Washington sull'assedio israeliano a Gaza. Il commander in chief aveva già anticipato nella sua visita in Israele che avrebbe chiesto presto al Congresso un pacchetto di supporto "senza precedenti" per la difesa di Israele, comprese le forniture per lo scudo anti missilistico Iron Dome. Ma senza dimenticare Kiev "perchè siamo la nazione più potente della storia e possiamo occuparci di entrambi. Da vedere se i repubblicani accoglieranno l'inclusione dei fondi per l'Ucraina con quell'apprezzamento bipartisan che Biden ha incassato per la sua risposta contro Hamas.
Dall’altra parte dell’Atlantico il cielo è nero su Lussemburgo sul futuro dell'area Schengen. Alla riunione dei ministri dell'Interno del vecchio continente va in scena un'Europa spaventata dal ritorno del terrorismo e da cosa potrà portare il peggioramento della guerra in Medio Oriente. "L'accordo di Schengen non è morto ma è rotto", sentenziano Germania e Austria mentre la commissaria Ue agli Affari Interni Ylva Johansson non può che certificare che il ritorno dei controlli alle frontiere danneggia la libertà di circolazione. Ed è per evitare tutto ciò che Bruxelles vuole accelerare su quella che ormai "è una priorità, i rimpatri volontari assistiti degli irregolari che sono una minaccia alla sicurezza". Il primo Consiglio Affari Interni dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas vede la sua agenda stravolta. L'ombra di un nuovo scontro tra Nord e Sud d'Europa torna a comparire all'orizzonte con l'aggravarsi del susseguirsi delle notifiche sulle sospensioni di Schengen che diversi Paesi membri stanno inviando o invieranno a Bruxelles.
Il governo Meloni, quella notifica - in merito al confine con la Slovenia - l'ha già inviata. Ma "all'Ue ho precisato che si tratta di una misura che si ripromette di essere temporanea, proporzionata", sottolinea il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Di fronte a questo quadro l'Ue, per ora, punta ad una soluzione: rimpatriare il prima possibile i sospetti jihadisti. Bruxelles vuole azzerare la discrezionalità dei Paesi membri e accelerare con gli accordi con i Paesi terzi. Il modello resta quello tunisino perché - sottolinea Johansson - finora la collaborazione è stata buona ed le partenze illegali, in un mese, sono scese "dell'80%".
Rodolfo Ricci