L'Eurozona va verso la recessione, ma non sarà il 'bagno di sangue' che si poteva ipotizzare a settembre con i prezzi del gas a oltre 200 euro. E dunque la Bce non ferma la stretta monetaria, anche se sulla scorta della Fed potrebbe rallentare il ritmo dei rialzi dei tassi già a dicembre. A meno di un mese dal meeting del 15 dicembre, Francoforte inizia a tirare le somme dei dati delle ultime settimane, come l'indice Pmi di novembre o l'indice Ifo di fiducia in Germania, migliori del previsto. A dispetto di alcune attese di un 2023 'nero' con recessione globale, le previsioni della Bce e dell'Ue vanno nella stessa direzione, verso una crescita bassa dell'economia dell'Europa e un'inflazione alta, spiega il vicepresidente della Bce Luis de Guindos. I resoconti della riunione Bce di fine ottobre dipingevano così la situazione: dopo una stagnazione nel terzo trimestre, nei due trimestri successivi l'economia dei Diciannove va "verso una recessione tecnica". Ma il capo-economista Philip Lane tratteggiava uno scenario molto diverso da quello di un periodo prolungato di crescita negativa e dallo scenario avverso (con prezzi energetici alle stelle e razionamenti) descritto nelle 'staff projections' della Bce di settembre.
Cosa deciderà l’Eurotower a dicembre forse è riassunto bene nelle parole del governatore irlandese: "I tassi devono salire", è troppo presto per dire quanto, "non escluderei nulla". De Guindos ha anticipato che l'inflazione incomincerà a rallentare nella prima metà dell'anno prossimo e "forse siamo molto vicino al picco". Parole che farebbero escludere che, dopo due maxi-rialzi da tre quarti di punto sia a settembre che a ottobre, la Bce voglia fare altrettanto il prossimo mese. In fondo la Fed fa intendere di rallentare fra le difficoltà dell'economia Usa. E le 'minute' del meeting del 26-27 ottobre già verbalizzavano come "diversi membri avrebbero voluto un rialzo dei tassi più cauto, da mezzo punto". Il fronte delle 'colombe' si è risvegliato, con un ritrovato piglio, nelle ultime settimane, di governatori come Ignazio Visco della Banca d'Italia o del consigliere esecutivo Fabio Panetta.
Non è detta l'ultima parola, però. Isabel Schnabel, anch'essa del comitato esecutivo Bce e non un 'falco' come l'olandese Klaas Knot che chiede di portare il costo del denaro (ancora espansivo) in zona restrittiva, dice che il margine di manovra per rallentare la stretta monetaria resta limitato. Di sicuro "dovremo alzare ulteriormente", è il ragionamento anche considerando che il tasso Bce sui depositi ha ancora strada da fare, essendo ancora all'1,50%, contro il 3,75-4% della Fed. Probabile che a dicembre il compromesso rallenti la stretta a mezzo punto. Ma è un compromesso che potrebbe avere come vittima il Quantitative easing: Già a dicembre "ci sarà una discussione", ha spiegato Guindos, dopo che il pressing dei 'falchi' ha anticipato la calendarizzazione del processo con cui la Bce inizierà a liberarsi delle centinaia di miliardi di bond comprati negli anni.
Poi c’è il capitolo energia. Infatti, il finale di partita proprio sull'energia potrebbe disputarsi a dicembre. Ma l'esito è ancora tutto da scrivere. L'affannosa ricerca di un punto di caduta sul 'price cap' sul gas continua a dividere l'Europa e le crepe si allargano anche al tetto al petrolio russo. Con Mosca che torna a fare la voce grossa: se accordo sarà, Vladimir Putin darà ordine di punire tutti i Paesi che aderiranno chiudendo i rubinetti di petrolio e gas. La strada per l'intesa dei Ventisette però è ancora in salita e passa da una nuova riunione straordinaria dei ministri dell'Energia - che sarà convocata, ma manca l'ufficialità, il 13 dicembre - e dal sigillo sul meccanismo di correzione di prezzo. Che nei prossimi giorni dovrà attraversare una metamorfosi rispetto alla proposta indigesta a tutti messa sul tavolo dalla Commissione europea. E dal quale dipende il destino del resto del pacchetto Ue sul gas, tenuto in ostaggio da Roma - e non solo: senza l'approvazione del cap, ha avvertito anche Parigi, non ci saranno né acquisti congiunti di gas né accordi di solidarietà.
Ad aprire la schermaglia politica nell'arena dell'Europa Building - il quarto in cinque mesi, a cui si aggiungono altre due riunioni ordinarie - è stato proprio il titolare dell'Energia italiano, Gilberto Pichetto, che ha ufficializzato il rifiuto dell'alleanza dei 15 Paesi favorevoli al cap nei confronti della proposta di Bruxelles. Un testo considerato così com'è irricevibile da tutti. E che quindi dovrà essere cambiato per arrivare al sospirato compromesso. Il nodo cruciale non è l'asticella - pur decisamente alta a detta di molti - del tetto, fissata da Bruxelles a 275 euro al megawattora, quanto la forma stessa del meccanismo e i suoi criteri di attivazione. Tecnicismi su quali già in queste ore gli esperti nazionali si stanno confrontando e che politicamente possono essere sintetizzati nelle indicazioni date dai leader Ue al vertice del 20 e 21 ottobre: serve il disegno di un "corridoio di prezzo dinamico". Quello messo sul tavolo da Bruxelles è invece un tetto fisso.
Rodolfo Ricci