Come un faro in mezzo alla tempesta, la Banca centrale europea non si lascia smuovere dalla turbolenza e va avanti con il rialzo dei tassi programmato dal mese scorso. Il costo del denaro sale di 50 punti base con una decisione che media tra falchi e colombe e lascia la porta aperta a cambi in corsa ed interventi d'emergenza, qualora dovesse riaffacciarsi una crisi bancaria seria. Per ora, ha chiarito la presidente Christine Lagarde, non c'è nessuna crisi di liquidità: le banche europee sono solide e poco esposte a Credit Suisse, la banca svizzera che ha riportato il panico sui mercati del Vecchio Continente. Le parole della presidente iniettano fiducia nelle Borse, che chiudono in positivo dopo il pesante calo della vigilia. Ma Francoforte resta in allerta, pronta ad agire per preservare la stabilità finanziaria oltre a quella dei prezzi, e per questo evita di dare indicazioni sui rialzi futuri: tutto dipenderà dall'evoluzione delle prossime settimane. La decisione del board, presa a maggioranza con solo 3-4 contrari, lascia ancora insoddisfatto il governo italiano.
"La Bce non si sta muovendo nella giusta direzione, anche se oggi c'è stato un inizio di ripensamento. A nostro giudizio non è un buon modo di affrontare l'inflazione", ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani al Forum Ansa-Pe. Le colombe, però, stavolta incassano più dei falchi: il rialzo da 50 punti, chiesto dai più rigidi, era già scontato dal mercato da settimane, nonostante qualche ripensamento degli ultimi giorni. Invece è del tutto nuovo il tramonto definitivo della cosiddetta 'forward guidance', cioè il riferimento alle mosse future, strumento criticato dalle colombe che non vogliono legarsi le mani prima di vedere gli effetti dei rialzi sull'economia reale. "Non è possibile in questo momento determinare su quale sentiero andremo avanti" sui tassi, ha detto Lagarde, perché l'incertezza resta molto elevata e costringe a muoversi esclusivamente "in base ai dati". In realtà, i segnali sul fronte dell'inflazione non sono ancora buoni. La previsione è di un tasso "troppo elevato per un periodo troppo prolungato". Gli analisti della Banca centrale traducono in numeri i timori dei membri del board: l'inflazione sarà al 5,3% nel 2023, per poi scendere al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025.
E restano intense anche le pressioni di fondo sui prezzi: l'inflazione al netto dei beni energetici e alimentari è salita ancora a febbraio e le nuove stime la vedono al rialzo al 4,6% nel 2023, più alta delle proiezioni di dicembre. Ma il consiglio direttivo ad aprile non guarderà soltanto all'inflazione. Dopo le turbolenze sui mercati scatenate prima dal fallimento dell'americana Svb e poi del tracollo in Borsa di Credit Suisse, l'attenzione dei banchieri centrali si è spostata anche sul rischioso terreno della stabilità finanziaria. Per questo la Bce ha subito messo nero su bianco la determinazione a intervenire ove necessario non solo per preservare la stabilità dei prezzi ma anche quella finanziaria. Le due cose non sono alternative, ha spiegato Lagarde, rispondendo a chi in questi giorni vedeva la Bce davanti a un bivio: proseguire con i rialzi dei tassi per contenere l'inflazione o ammorbidire il percorso per non mettere a rischio le banche, visti i primi caduti figli della stretta monetaria più rapida dal Dopoguerra?
Per la presidente, i tassi non sono l'unico strumento per combattere l'instabilità: "Anche in passato la Bce ha dimostrato creatività, e farà lo stesso se dovesse servire di nuovo liquidità alle banche". Ma per ora non serve, perché il settore è molto molto più forte del 2008. Inoltre, si cominciano a vedere i primi effetti della stretta monetaria avviata a luglio scorso: i prestiti a imprese e famiglie calano ancora, si è ridotta la domanda interna del settore privato, consumi e investimenti si comprimono. Nonostante questo, l'economia regge: la Bce prevede un Pil di Eurolandia in crescita dell'1% quest'anno, contro lo 0,5% del 2022.
Sull’altro fronte caldo, è intervenuta la banca centrale svizzera per rimettere sui binari Credit Suisse. L'istituto, che mercoledì è stato l'epicentro di un nuovo terremoto sui mercati finanziari già colpiti dal fallimento dell'americana Svb, ha ottenuto dalla Swiss Central Bank (Snb) un prestito fino a 50 miliardi di franchi svizzeri, pari 50,6 miliardi di euro. E ha avviato, al contempo, il riacquisto di 3 miliardi di propri bond, approfittando del calo che hanno registrato sui mercati per ridurre la spesa per interessi. La mossa, necessaria a rafforzare la liquidità e a tamponare la crisi di fiducia che ha investito l'istituto, ha avuto un effetto immediato alla Borsa di Zurigo. Anche se segnali di tensione permangono ancora sui suoi bond, alcuni dei quali hanno continuato a scendere. Intanto negli Usa il sistema bancario americano lancia un salvagente a First Republic Bank, il terzo istituto in odore di dissesto dopo Silicon Valley Bank e Signature Bank.
Rodolfo Ricci