Cresce l'ipotesi di un nuovo rialzo dei tassi della Bce al prossimo vertice del 4 maggio anche se la sua entità potrebbe ridursi a 25 punti. L'ultima voce a favore è quella del capo economista Philip Lane, secondo cui "non è ancora venuto il momento di fermarsi". Una dichiarazione che giunge a poche ore delle affermazioni del componente del board Isabel Schnabel per la quale, "visto il perdurare dell'inflazione è troppo presto per cantare vittoria" e che si somma a quella di altri membri del consiglio rendendo appunto molto probabile un aumento dei tassi, ora al 3,5%. Meno numerosa appare la pattuglia di coloro, fra cui il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, che invitano a una maggior prudenza e a considerare i rischi di inflazione almeno pari agli effetti negativi sui bilanci delle imprese e delle famiglie derivanti dai maggiori costi sui prestiti.
La stessa vigilanza della Bce peraltro sta chiedendo alle banche di dettagliare meglio le perdite potenziali sul portafoglio dei bond derivanti dal rialzo dei tassi. Un aspetto che lima o vanifica, in alcune banche, i benefici sul margine di interesse e quindi sugli utili dai tassi non più a zero. Il comparto bancario europeo è riuscito comunque a sopportare le due crisi 'esterne' (Credit Suisse e Svb) anche grazie a un buon livello di capitalizzazione e, appunto a una vigilanza serrata, ma le sofferenze sono comunque destinate ad aumentare e il retail sconta il calo del potere di acquisto per via della corsa dei prezzi. Le dichiarazioni di Enria hanno così pesato sui titoli bancari specie quelli italiani che hanno scontato un mercato 'sottile' con scambi ridotti per via della festività del 25 aprile perdendo fra l'1 e il 2% sul listino milanese.
E se la Bce sembra così andare avanti sulla stretta monetaria (Fitch stima un aumento della velocità a luglio), dove c'è ancora incertezza, anche secondo analisti ed esperti di mercato, è sull'entità dell'aumento. Lo scorso vertice, quando erano esplosi i casi Svb e Credit Suisse, il consiglio ha deciso di andare comunque avanti. Ora la Schabel non ha escluso un nuovo rialzo di 50 punti come la volta scorsa ma a frenare sono diversi suoi colleghi fra cui il governatore della Banca di Francia Villeroy secondo il quale l'inflazione nel paese transalpino potrebbe aver raggiunto il picco. Intanto a Stoccolma i ministri delle finanze Dell’Unione continuano il dibattito sul nuovo Patto di stabilità, approvato da poco da Bruxelles. La Germania non ha espresso un rifiuto: "Abbiamo chiarito alcuni requisiti che non si riflettono ancora nelle proposte della Commissione europea". "Altri, penso al collega italiano, hanno preoccupazioni da una prospettiva diversa. La Germania non vuole rifiutare, ma vorrebbe dare dei contributi", ha precisato il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner arrivando all'Ecofin informale a Stoccolma. "Penso sia una buona notizia che finalmente abbiamo una proposta sul tavolo", ha aggiunto la ministra delle Finanze spagnola parlando della proposta riforma del Patto di stabilità e crescita.
"Le opinioni tedesche sono abbastanza note", si tratta di "un file complesso e impegnativo". E "con la prossima presidenza spagnola del Consiglio faremo il massimo" perché sia approvata la riforma entro il 2023 e raggiungere quanto possibile nella seconda parte dell'anno. Mentre in Europa si discute di quanto aumentare i tassi, arriva un brusca frenata per l'economia americana. Nel primo trimestre il pil è cresciuto solo dell'1,1%, sotto le attese degli analisti e molto meno del +2,6% degli ultimi tre mesi del 2022. Il rallentamento pronunciato riflette gli effetti dell'aggressiva campagna di rialzi dei tassi della Fed e alimenta i timori di una recessione, data quasi per scontata da Wall Street. A frenare la crescita americana è stato il calo degli investimenti delle aziende e sul mercato immobiliare, ovvero i due fronti più esposti alla stretta della Fed.
I consumatori invece si sono mostrati resilienti di fronte alla galoppata dei prezzi: le spese infatti sono salite del 3,7%, meglio del +1% dell'ultimo trimestre del 2022. Ma le incognite sulla tenuta dei consumi sono molte: secondo gli analisti rallenteranno in modo deciso nei prossimi mesi a causa di un'inflazione che rallenta ma si mantiene storicamente elevata con conseguenze pesanti sul potere d'acquisto. Finora gli americani hanno sopportato il caro prezzi grazie alla solidità del mercato del lavoro che, però, inizia a mostrare i primi segnali di debolezza. Per la Fed si tratta di indicazioni 'positive': la ripresa che rallenta ma non crolla e il mercato del lavoro che si raffredda avranno infatti un impatto sull'inflazione, frenando i prezzi e aiutando una loro discesa verso l'obiettivo del 2%. Nonostante i segnali incoraggianti, la banca centrale americana prepara una nuova stretta la prossima settimana, quando è attesa alzare i tassi di interesse di un altro 0,25%.
Rodolfo Ricci