Si intensificano le proteste in tutto il mondo contro la deriva autoritaria del governo del Bangladesh che ha risposto alle recenti manifestazioni dei lavoratori del settore garment con un'ondata repressiva a base di intimidazioni, violenze, arresti arbitrari. Una vera escalation contro il mondo del lavoro organizzato che ha provocato la reazione dei sindacati internazionali e globali, delle organizzazioni della società civile e delle stesse multinazionali occidentali che hanno criticato apertamente l'operato del governo. Le agitazioni nel settore tessile erano iniziate lo scorso 11 dicembre presso la Windy Apparel Ltd., una fabbrica non sindacalizzata nell'area produttiva di Ashulia, a poca distanza dalla capitale Dacca. Le proteste si sono presto diffuse in altre sessanta fabbriche del paese coinvolgendo decine di migliaia di persone ed estendendosi per circa una settimana. La richiesta principale dei manifestanti era quella dell'aumento del salario minimo, che si attesta a 68 dollari al mese, limite stabilito dal governo nel 2013 ma che, secondo i calcoli dell'organizzazione Fair Labor Association, costringerebbe gli impiegati del settore garment a vivere al di sotto della soglia di povertà stabilita dalla Banca Mondiale. Gli scioperi hanno però scatenato la dura reazione delle autorità che, dopo aver utilizzato proiettili di gomma per disperdere i manifestanti, hanno arrestato lavoratori e sindacalisti. Gli uffici dei sindacati, in particolare nel distretto di Ashulia, sono stati chiusi forzatamente, 1600 operai sono stati licenziati mentre sarebbero oltre 600 i procedimenti aperti dalle autorità contro lavoratori e sindacalisti. I sindacati mondiali, IndustriAll e Uni, e l'Ituc, la Confederazione Internazionale dei Sindacati, hanno intimato al governo del Bangladesh di liberare gli attivisti arrestati e abbandonare le azioni repressive ma la spinta decisiva potrebbe provenire proprio dai maggiori brand occidentali che non sono rimasti indifferenti di fronte all'escalation di violenza. Le più importanti multinazionali operanti in Bangladesh, fra cui H&M, Inditex, C&A e Tchibo hanno condannato l'atteggiamento del governo annunciando l'intenzione di disertare l'importante summit del garment previsto a Dacca il prossimo 25 febbraio. Un'assenza pesante che potrebbe indurre il governo del Bangladesh a fare un passo indietro.
(Domani su Conquiste Tabloid l'articolo completo a cura di Manlio Masucci)