Quando la pittura traduce la realtà in modo potente suscita emozioni che travalicano le differenze dei contesti storici di appartenenza. La rivoluzione naturalistica della produzione di Caravaggio (1571-1610), che sconvolse la pittura della sua epoca, costituisce un’espe rienza di grande forza attrattiva anche per il mondo contemporaneo, confuso tra i chiassosi richiami visuali, ma ancora capace di riconoscere ed apprezzare i capolavori della pittura di ogni tempo. A quindici anni dall’ultima grande mostra dedicata a Michelangelo Merisi, Roma propone un nuovo importante evento dedicato all’ar tista: “Caravaggio 2025” (Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini, dal 7 marzo al 6 luglio 2025) è la mostra evento realizzata in concomitanza con il Giubileo. Curata da Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi, Thomas Clement Salomon, l’esposizione racconta la forza innovatrice che Caravaggio introdusse nel panorama artistico, religioso e sociale del suo tempo ed evidenzia il rapporto dell’arti sta lombardo con le botteghe d’arte romane e con la città di Roma. “È un Caravaggio non solo romano, anche se l’accento è posto sulla Capitale”, osserva Francesca Cappelletti. Venti opere autografe, ma il loro numero potrebbe aumentare, dal momento che “si stanno chiudendo gli ultimi prestiti”, come spiega il direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica Thomas Clement Salomon. Il contenuto della mostra “è un Caravaggio allo stato puro”; “né allievi, né seguaci in mostra”, spiega la Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese, che offre alla mostra tre prestiti importanti, dal “Bacchino malato” a “Davide con la testa di Golia” e poi il “San Giovanni Battista”, quadri che probabilmente accompagnarono l’artista anche nell’ultima fuga.
I dipinti abiteranno le sale di un luogo simbolo della connessione tra Caravaggio e i suoi mecenati, come testimonia il “Ritratto di Monsignor Maffeo Barberini”, fin da ora visitabile nella Sala Paesaggi. A sessanta anni dalla sua riscoperta (l’opera è stata presentata per la prima volta da Roberto Longhi nel 1963), il ritratto, proveniente da una collezione privata e finora mai esposto pubblicamente, costituisce un elemento importante nella nascita del ritratto moderno e rappresenta nel contesto un prestito storico di grande valore. Il percorso della mostra si sviluppa per aree tematiche; opere celebri affiancano altre meno note e tutte contribuiscono a restituirci in modo esauriente l’evoluzione del linguaggio caravaggesco.
Molti altri i prestiti d’eccezione, come l’“Ecce Homo” del Prado: “è un’opera mai vista in Italia, anche se partì da Napoli per volere della viceregina, moglie del vicerè Conte di Castrillo, che, quando in città scoppia la peste, decide di rientrare a Madrid portando con sé il dipinto che da allora non è mai rientrato; appartiene a un collezionista privato che lo ha prestato al Prado che a sua volta generosamente lo presta a noi per questa occasione”, spiega Maria Cristina Terzaghi. E poi la “Santa Caterina”, del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, che rappresenta un altro ritorno, poiché già nelle collezioni Barberini. E ancora “Marta e Maddalena”, dal Detroit Institute of Arts (dove la modella è la stessa della “Giuditta”). La mostra proporrà anche l’occasione di vedere insieme i tre dipinti commissionati dal banchiere Ottavio Costa: accanto a “Giuditta e Oloferne”, di Palazzo Barberini, saranno esposti il “San Giovanni Battista” del Nelson -Atkins Museum of Kansasa City e il “San Francesco in estasi” del Wadsworth Atheneum of Art di Hartford. E, ancora, il celebre dipinto dei “Bari”, ricercato nelle cromie e nel chiaroscuro che coinvolgono l’osserva tore rendendolo muto testimone di un inganno macchinato dai due bari che vincono alle carte un ingenuo giocatore. I “Bari” torna a Palazzo Barberini dal Kimbell Art Museum di Fort Worth, in Texas. E poi la drammatica “Cattura di Cristo”, dalla National Gallery of Ireland di Dublino e, a chiusura, “il “Martirio di Sant’Orsola”, ultimo dipinto di Caravaggio, in prestito da Intesa-Sanpaolo.
“Caravaggio 2025” sarà un’oc casione eccezionale per ammirare opere non facilmente fruibili, ma anche un momento alto di riflessione critica. Una mostra, come osserva il direttore generale Musei Massimo Osanna, “che il ministero della Cultura può e deve fare poiché è basata su un rigoroso progetto di ricerca e questo fa sì che diventi portatrice di conoscenza”.
L’esposizione di Palazzo Barberini avrà una grande forza attrattiva e prevede un importante afflusso di visitatori, sebbene non comprenderà i quadri di Caravaggio esposti nelle chiese romane che, per scelta, rimarranno nelle proprie sedi a disposizione dei visitatori e dei pellegrini; si collocherà dunque in un più ampio itinerario artistico e culturale urbano dove continuare il proprio percorso di conoscenza.