Il welfare familiare è un'industria che vale oggi 109,3 miliardi di euro, pari al 6,5% del Pil. Si tratta di uno dei settori più importanti del nostro sistema produttivo, capace di trainare la crescita del Paese. E' giunto quindi il momento di considerare il welfare non come spesa ma come una priorità della politica economica del governo e un'opportunità di investimento per le imprese dei servizi. Tuttavia, parallelamente, si avverte un'urgenza di cambiamento determinata dalla crescente fragilità sociale. E' questo il messaggio più rilevante che emerge dalla prima edizione dell'Osservatorio sul bilancio di welfare delle famiglie italiane, presentato oggi alla Camera dei Deputati dalla società MBS Consulting alla presenza dei principali partiti politici, accademici e rappresentanti del mondo delle imprese. Risulta infatti sempre più esteso il fenomeno di rinuncia alle prestazioni essenziali di welfare: la rinuncia a cure sanitarie è mediamente del 36,7% e sale al 58,9% per la fascia più debole. Secondo lo studio, "il settore più critico è quello dell'assistenza agli anziani e ai non autosufficienti, con un tasso medio del 76,2%". Tra gli altri, "la rinuncia nei servizi per la cura dei figli è mediamente del 41,1% e per i meno abbienti del 54,8%, mentre nell'istruzione è rispettivamente del 35,4% e del 57,7%", spiega il rapporto, sottolineando che "l'incidenza delle spese di welfare in proporzione al reddito è maggiore nelle famiglie economicamente più deboli (19%) che nelle famiglie agiate (14,7%) ed il 36,1% delle famiglie italiane ha rinunciato ad almeno una prestazione essenziale, la percentuale sale al 56,5% per chi si trova in condizione di debolezza economica".
(Approfondimento domani su Conquiste Tabloid)