Professori, è vera questa storia che il sud è il contrappeso, l’ostacolo dello sviluppo del nord?
SP: È una teoria di grande successo, ma senza riscontri. Eppure ha indirizzato per lungo tempo le politiche pubbliche, votandole ad un regionalismo fallimentare. Non si può dire che il nord sia intralciato dal sud. Si può dire, invece, che l’industria settentrionale non ha saputo misurarsi su tecnologia e innovazione come hanno fatto i “grandi” del Nord Europa; la fine delle svalutazioni ha enormemente danneggiato i distretti del “piccolo è bello” della terza Italia. E il Sud non è sottosviluppato per la tanto sbandierata carenza di capitale sociale, ma per il disinvestimento pubblico, l’assenza di una politica industriale attiva e perché torchiato dalla concorrenza di prezzo dell’Europa orientale.
Ma perché il Meridione è rimasto più danneggiato dallo shock euro/globalizzazione?
SP: La maggiore integrazione delle economie porta le forze di mercato a convogliare capitale e lavoro nelle zone “forti”. Cedere all’integrazione commerciale e monetaria è il destino delle aree deboli …
… se queste tendenze non vengono controbilanciate …
Ovviamente! Se non vengono riequilibrate da politiche volte a bilanciare le condizioni di partenza tra aree deboli e forti. Questo compito, però, è stato evaso dalle politiche generali nazionali.
A seguito della “lunga crisi” del 2008-14, è ripresa la migrazione dal Mezzogiorno verso il Nord. Spostamento che ha coinvolto sempre più i giovani laureati. Questo significherà, sul lungo periodo, meno forza lavoro e la spoliazione della classe dirigente. Questo aspetto è ovvio, ma c’è invece qualcosa che ancora non conosciamo in questo meccanismo?
CP: Precisiamo innanzitutto che si tratta di una questione nazionale. L’Italia registra da anni saldi migratori negativi di laureati verso l’estero perché non è più in grado di garantire un futuro ai suoi giovani. Il problema è che dal Sud si parte e basta mentre il Nord supplisce con le competenze in fuga dal Sud. E si parte molto prima di cercare un impiego, per ragioni di studio ad esempio. Così il Nord si avvantaggia degli investimenti pubblici e privati in istruzione senza fronteggiarne i costi. In conclusione, quelli che pensano che il Sud “assistito” rubi risorse pubbliche al Nord, dovrebbe imparare a fare i conti.
Che proiezioni avete per il futuro?
CP: Limitatamente all’Italia, vediamo più aspetti negativi che positivi. Trionfa ancora la narrazione distorta di un Meridione a sé stante con preoccupazioni proprie e la sola richiesta di politiche assistenziali. È falso: bisognerebbe mettere da parte i conflitti territoriali ed ammettere finalmente che il Sud è la parte più visibile, la ferita scoperta in cui si riversano disuguaglianze e ritardi che attraversano tutto il Paese. Rispondere a tali disparità non è solo un fatto di giustizia, ma una leva essenziale per far ripartire il Paese.
E il Sud come ha reagito alla seconda batosta: il covid 19?
SP: Sia l’Italia che il Sud se la sono cavata bene, con una novità interessante: l’hanno fatto insieme e lo devono a due forza che, però, stanno esaurendo la loro potenza: il comportamento incredibilmente espansivo delle politiche e l’exploit di costruzioni e servizi. La fotografia meridionale però è ancora sbiadita: un contributo dell’industria alla crescita del Pil nel 2021-2022 dimezzato rispetto al Nord e la concentrazione del recupero occupazionale in settori, come il turismo, che esprimono una domanda di lavoro poco qualificato e mal retribuito, e quindi incapace di contenere la fuoriuscita di capitale umano qualificato dal Sud.
Il PNRR è l’ultima “chiamata”per riavvicinare il Sud al Nord?
CP: Il PNRR è stato edificato intorno a una condizionalità europea, per una volta, “buona”: fare leva sulla diminuzione delle disparità per ripartire con due urgenze: parificare la partecipazione ai diritti di cittadinanza, relativamente meno buoni al Sud, ed attirare nuovi investimenti produttivi nel Meridione. Purtroppo, il PNRR sta presentando più di una criticità, dovute a limiti originari di impostazione e problemi di attuazione. Con la SVIMEZ, ad esempio, abbiamo mostrato che nel caso dell’edilizia scolastica, il PNRR potrebbe addirittura amplificare i divari Nord-Sud.
E, invece, i conflitti in corso, quello russo-ucraino, ad esempio, come sta impattando sull’economia meridionale?
SP: Naturalmente i più fragili risentono di più delle crisi: il costo della vita è aumentato, con rincari che riguardano soprattutto tipologie di spesa “incomprimibili” (bolletta energetica e beni alimentari) che pesano di più sulle famiglie a basso reddito. E la super inflazione ha sbriciolato il potere d’acquisto dei salari più al Sud che nel resto Paese, essendo esso dilaniato da precarietà e lavoro povero. Ecco un’altra questione nazionale che, però, è meglio osservabile al sud: i bassi salari e il lavoro povero.
Roberto Rosano