Tra banche e governo è il momento dello scontro. L’idea di raggranellare risorse per la manovra tagliando la deducibilità degli interessi passivi, che secondo le indiscrezioni verrebbe portata dal 100% all’86%, provoca la reazione del mondo bancario, riunito ieri a Roma a Palazzo Altieri, la sede dell’Abi, per la Giornata del credito.
La prima bordata contro il governo gialloverde è partita dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli, secondo cui ”aumentare la pressione fiscale sulle banche” non peserebbe solo sul settore ”ma indebolirebbe o rallenterebbe la ripresa”. A circostanziare le critiche è stato però il direttore generale dell’Abi, che ha sottolineato come il taglio sulla deduciblità degli interessi passivi ”inciderà sul costo del credito” determinando ”un’asimmetria” con le altre banche europee. Con l’Abi si sono schierati anche i sindacati: ”Nessuno pensi di scaricare il costo dello spread sul Paese e il taglio eventuale della deducibilità degli interessi passivi per le banche, sui lavoratori-lavoratrici del credito che in questi anni di crisi hanno già pagato pesanti sacrifici in termini di riduzioni dell'occupazione e di peggioramento delle condizioni di lavoro”, hanno ammonito tutte le sigle del credito, Fabi, First-Cisl, Cgil-Fisac, Uilca e Unisin.
I sindacati sono preoccupati per le ripercussioni che la stretta potrebbe avere sulla trattativa per il rinnovo del contratto, in scadenza a fine anno. "Negli anni della crisi - fanno notare - abbiamo fatto un contratto al tempo dello spread oltre i 500 punti base a gennaio del 2012 non più ripetibile, per questo le segreterie unitarie inizieranno nella giornata del 19 ottobre un lavoro comune per giungere entro l'anno, previa consultazione dei lavoratori, alla presentazione della piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale con l'obiettivo di aumentare i salari reali difendere l'occupazione e rafforzare l'area contrattuale".
( L’articolo integrale domani su Conquiste Tabloid)