Sul piatto ci sono poco meno di tre miliardi e mezzo, il tesoretto portato in dote dalle nuove stime di Pil e deficit contenute nel Def. Una volta autorizzato dal Parlamento - il voto delle risoluzioni a maggioranza assoluta è previsto domani 27 aprile - il Governo potrà procedere con il decreto legge che dovrebbe aggiungere un ulteriore punto di riduzione dei contributi che ”ci avvicina all'obiettivo di legislatura di un taglio di 5 punti”, come aveva ricordato qualche giorno fa la ministra del Lavoro Calderone. Sue sono anche le misure in via di elaborazione per correggere il decreto Dignità del primo governo Conte e, spiega chi è al lavoro sul dossier, ”rafforzare la contrattazione nell'ambito dei contratti a tempo determinato” (dovrebbe essere rivisto il meccanismo delle causali per i rinnovi dei contratti dei precari). Ma soprattutto sua sarà la revisione del Reddito di cittadinanza, uno dei cavalli di battaglia del governo di centrodestra.
Gli approfondimenti delle misure sono in corso, a via Veneto come al ministero dell’Economia.
Per il cuneo l’idea è quella di intervenire sulla falsariga di quanto già fatto per il 2023 in manovra, incidendo sulle buste paga probabilmente già a partire dal mese di maggio. Anche se non si esclude qualche aggiustamento del meccanismo, che potrebbe anche essere di due punti di taglio per qualcuno, come ha detto in audizione il ministro Giancarlo Giorgetti. Ma la misura dovrebbe essere transitoria per gli 8 mesi che mancano di qui a fine 2023, poi con la manovra si vedrà. Si arriverebbe intanto a un taglio di 4 punti per i redditi sotto i 25mila euro, come ha osservato Confindustria che plaude alle intenzioni ma chiede di più, come i sindacati.
Meno indolore sarà invece la riforma del Reddito di cittadinanza, su cui sono puntati anche gli occhi delle opposizioni. Secondo le ultime bozze circolate la misura di sostegno alle fasce più fragili si dividerà in tre: da un lato la Garanzia per l'inclusione (Gil) dall'altra due strumenti per le politiche attive del lavoro, la Prestazione di accompagnamento al lavoro (Pal, transitoria fino a fine anno) e la Garanzia per l'attivazione lavorativa (Gal). Saranno rivisti, al ribasso, gli importi per i cosiddetti ”occupabili” che avranno al massimo 350 euro al mese e dovranno accettare le proposte di lavoro di almeno un mese pena la decadenza dal beneficio. Col decreto si dovrebbe anche sanare il buco normativo creato con la manovra, che aveva cancellato il reato per chi riceveva indebitamente l'assegno, con un inasprimento delle sanzioni per dichiarazioni false e truffe con pene fino a 6 anni di carcere. In via di valutazione anche una serie di altri interventi, dalla tutela dell'Inail agli studenti impegnati nel percorso scuola-lavoro, agli incentivi per le assunzioni dei neet under 30, fino al raddoppio della soglia delle deduzioni per i contributi di colf e badanti. Tutte misure che devono fare i conti con le coperture.
Il Pd parte all’attacco sul decreto lavoro. Per i dem il provvedimento che il Governo si appresta a varare è ”solo propaganda” e, con il superamento del limite dei 24 mesi per i contratti a termine, non farà che ”aumentare la precarietà”.
Circa 200 euro l'anno, più o meno 15 euro al mese per 13 mensilità. Potrebbe essere questo l'impatto del nuovo taglio del cuneo annunciato dal Governo. A fare i calcoli è stata la Banca d'Italia che, in occasione dell'audizione sul Def, ha presentato in Parlamento le sue proiezioni, basate sulle norme attualmente in vigore. Per i rapporti di lavoro dipendente (con esclusione dei rapporti di lavoro domestico) la legge di bilancio 2022 aveva infatti introdotto un esonero dal pagamento dei contributi previdenziali a carico del lavoratore di 0,8 punti percentuali a condizione che la retribuzione imponibile, su base mensile, non superasse i 2.692 euro (corrispondenti a circa 35 mila euro annui). Lo sgravio comportava un maggior indebitamento pari a 1,5 miliardi di euro per quell'anno. Nell’agosto 2022 il decreto Aiuti bis ha poi destinato ulteriori risorse per 1,7 miliardi lordi al rafforzamento dello sgravio contributivo per il solo secondo semestre dell'anno, aumentandolo al 2 per cento e mantenendo invariati i requisiti di accesso. Il taglio attualmente in vigore è stato invece introdotto con la legge di bilancio per il 2023, impiegando per l'intero anno 4,6 miliardi di euro. Lo sgravio è attualmente fissato al livello di 2 punti percentuali per i redditi inferiori al limite retributivo mensile di 2.692 euro (circa 35.000 annui) e a 3 punti per quelli inferiori al limite mensile di 1.923 euro (circa 25.000 annui). Ipotizzando che le soglie di applicazione rimangano quelle in vigore, con l'avvio dei nuovi sgravi dal prossimo maggio gli oltre 3 miliardi destinati al rafforzamento di questa misura dovrebbero consentire, secondo Via Nazionale, un raddoppio dell'importo mensile dell'esonero. L'aumento del reddito disponibile sarebbe poco inferiore ai 200 euro nell'anno in media.
Per l’Ufficio parlamentare di bilancio ”non è chiaro come la riduzione del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, indicata come temporanea, si raccordi con gli interventi strutturali previsti nel disegno di legge delega per la riforma fiscale”. Per quanto riguarda la possibilità di una riduzione della tassazione nell'arco della legislatura, nel Def si fa riferimento, tra le possibili coperture, a una maggiore collaborazione tra fisco e contribuenti. Per l’Upb ”interventi volti ad aumentare la compliance sono desiderabili ma i loro effetti finanziari sono di incerta quantificazione ex-ante e possono emergere solo gradualmente nel tempo; per il principio di prudenza, è auspicabile che non vengano utilizzati a copertura di interventi strutturali di riduzione del carico fiscale”.
Giampiero Guadagni