La direttiva Ue, ricorda il Cnel, “è al contrario estremamente chiara nel segnalare, rispetto all'obiettivo di promuovere un sostanziale 'miglioramento dell'accesso effettivo dei lavoratori al diritto alla tutela garantita dal salario minimo', una netta preferenza di fondo per la soluzione contrattuale rispetto a quella legislativa”. La direttiva europea ”là dove esiste un robusto ed esteso sistema di contrattazione collettiva non richiede ulteriori verifiche o adempimenti. Da ciò si può evincere che il trattamento retributivo previsto da un contratto collettivo qualificato, cioè sottoscritto da soggetti realmente rappresentativi, sia adeguato”.
Peraltro in Italia il tasso di copertura della contrattazione collettiva si avvicina al 100%, “una percentuale di gran lunga superiore all'80% parametro della direttiva. Da qui la piena conformità dell'Italia ai due principali vincoli stabiliti dalla direttiva europea e cioè l'assenza di obblighi di introdurre un piano di azione a sostegno della contrattazione collettiva ovvero una tariffa di legge”.
I contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil sono 211 e coprono 13.364.336 lavoratori dipendenti del settore privato (ad eccezione di agricoltura e lavoro domestico). Rappresentano il 96,5% dei dipendenti dei quali conosciamo il contratto applicato. I sindacati attualmente non rappresentati al Cnel firmano 353 contratti che coprono 54.220 lavoratori dipendenti, pari allo 0,4% dei lavoratori di cui è noto il contratto applicato.
Quale che sia la decisione politica in merito alla introduzione o meno nel nostro ordinamento giuridico di un salario minimo fissato per legge, il Cnel segnala ”l'urgenza e l'utilità di un piano di azione nazionale, nei termini fatti propri della direttiva europea in materia di salari adeguati, a sostegno di un ordinato e armonico sviluppo del sistema della contrattazione collettiva in termini di adeguamento strutturale di questa fondamentale istituzione di governo del mercato del lavoro alle trasformazioni della domanda e della offerta di lavoro”. Il piano offrirebbe una ”risposta sinergica tanto alla questione salariale (per tutti i lavoratori italiani e non solo per i profili professionali collocati agli ultimi gradini della scala di classificazione economica e inquadramento giuridico del lavoro) quanto al nodo della produttività”.
La commissione dell'informazione del Cnel auspica che il dibattito contingente sul salario minimo possa essere ”l'occasione per individuare nel Cnel un forum permanente di confronto e collaborazione stabile e continuativa tra le forze sociali e tutti i soggetti istituzionali che raccolgono dati utili per il monitoraggio sistematico della contrattazione collettiva e dei salari, con l'obiettivo di disporre di informazioni complete e il più possibile condivise su temi così centrali per la definizione delle politiche e delle leggi in materia economica e sociale”.
Giampiero Guadagni