Lunedì 25 novembre 2024, ore 7:09

Privatizzazioni 

Poste, no ai saldi di Stato 

Dopo l'ok del Cdm, l’operazione per cedere un’ulteriore quota di Poste Italiane è partita e il ministro dell’Economia Giorgetti comincia a fissarne i paletti: ”Dobbiamo mantenere il controllo, non possiamo scendere sotto il 35%”, una percentuale che corrisponde alla quota detenuta da Cassa Depositi e Prestiti. Ma sulla quota esatta della cessione e sulla tempistica, non c'è fretta: si deciderà in base alle condizioni del mercato, ovvero quando si otterrà il miglior risultato per il pubblico, sempre nel rispetto dei piccoli azionisti. Attualmente lo Stato controlla complessivamente circa il 65% della società, di cui il 29,26% direttamente con il Mef e il 35% indirettamente attraverso Cassa depositi e prestiti. I prossimi passi saranno la nomina degli advisor finanziari e legali del Mef e di Poste, oltre al consorzio di banche per il collocamento. L’operazione potrebbe avvenire tra aprile e maggio, sicuramente dopo la presentazione del nuovo piano strategico prevista per il prossimo 20 marzo. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso spiega che il Governo ha autorizzato il Mef a procedere ”nei tempi che ritiene utili, e nelle forme che ritiene migliori, per vendere parte delle quote mantenendo il controllo pubblico di una azienda strategica che va molto bene”. Non c’è, insomma, nessuna svendita, tanto che fonti del Mef precisano che la nuova privatizzazione di Poste avviene nell'ambito di una più ampia ”riorganizzazione delle partecipazioni pubbliche”, in cui l’Esecutivo valuterà se dismettere alcuni asset non essenziali, se vendere alcune quote di altre società, mantenendone il controllo se strategiche, o se eventualmente aumentare quelle in suo possesso. La strategia generale è fare ordine nelle partecipazioni con lo scopo di renderle più efficienti, avendo tra gli obiettivi anche quello di fare cassa per ridurre il debito.
Me per le opposizioni si tratta di una svendita di gioielli di Stato, che potrebbe avere anche conseguenze dirette sulla salvaguardia dell'occupazione e sulla fornitura dei servizi essenziali per i cittadini; e alla Camera spunta un’interrogazione del Pd al ministro dell'Economia.
Anche i sindacati sono preoccupati. Contrari all’idea di privatizzare per fare cassa, lamentano l'assenza di politiche industriali per rilanciare l'occupazione e l'economia. Per questo Cgil, Cisl e Uil hanno inviato una lettera al ministro Giorgetti e all'ad di Poste, Matteo Del Fante, chiedendo un incontro urgente per fare il punto sulla vicenda che rischia di toccare da vicino le vite dei lavoratori.
Sottolinea il leader della Cisl Sbarra: ”Se il Governo sul tema delle privatizzazioni pensa di andare avanti da solo commette un grosso errore. Prima di ogni operazione, come quella annunciata su Poste Italiane, bisogna aprire un confronto con le parti sociali e con il sindacato in particolare. Se l’idea è quella di far cassa svendendo parte degli gioielli di famiglia, la Cisl si opporrà. Abbiamo già visto gli effetti di questa impostazione negli anni Novanta, e ne paghiamo ancora oggi le conseguenze con la perdita di asset strategici, penso alle telecomunicazione, con la compressione dei livelli occupazionali, con il blocco degli investimenti, con l'impoverimento della quantità, della qualità ed efficienza dei servizi. Si tratta non solo di evitare saldi di Stato. Ma anche di scongiurare che per riempire un po' il portafoglio si rinunci ad esprimere un ruolo forte e pubblico nella definizione delle politiche industriali del Paese”. Per questo, conclude Sbarra, ”rilanciamo l'idea di mettere sul tavolo l'opportunità di far evolvere la governance delle grandi imprese pubbliche nel solco della partecipazione dei lavoratori alle decisioni al controllo delle aziende. Qui si parla non solo di risorse, ma del futuro e della tenuta del tessuto sociale ed economico del Paese”.
Giampiero Guadagni

( 29 gennaio 2024 )

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