Che il prezzo del petrolio scenda, oppure salga, le cose non cambiano: le industrie italiane pagano l'elettricità il 25% in più rispetto alla media dell'Unione Europea, con tutte le ricadute del caso in termini di competitività. E' quanto emerge dalla relazione annuale dell'Autorità per l'Energia al Parlamento. E snche la tanto sbandierata liberalizzazione non ha avuto l’effetto di alleggerire la bolletta per le famiglie: oltre 3 milioni di clienti, nel 2014, hanno cambiato fornitore di elettricità, ma per le utenze domestiche - sottolinea ancora l’authority, "il mercato libero presenta prezzi medi più elevati rispetto al mercato tutelato": il 19% in più per quanto riguarda la sola componenete "materia prima energia".
Il presidente Guido Bortoni, ha spiegato che il dato va però "preso con molti caveat". Primo fra tutti, la componente energia che rappresenta meno del 50% del prezzo finale della bolletta. Poi Altro caveat è che il mercato libero non è vanificato dalla maggior tutela, perchè "ci sono offerte a sconto capaci di andare anche sotto al prezzo della tutela". Tutto sta a raccapezzarcisi. Ma a quando la definizione di un piano energetico nazionale che rimetta al centro l’interesse di imprese, famiglie e lavoratori? Anche per questo venerdì scorso erano scesi in piazza i lavoratori del settore elettrico. E infatti oggi il segretario generale della Flaei Cisl, Carlo De Masi, plaude alla relazione di Bortoni. "Condividiamo l’analisi dell’Authority - sottolinea dunque il sindacalista - che poggia, in particolare, su una strategia che vede una mutazione profonda del sistema sia di produzione sia di consumo dell’energia elettrica. La politica, le istituzioni e le imprese – aggiunge - debbono essere in grado di leggere questi fenomeni e orientarli sia per il mix di fonti primarie, sia soprattutto nel favorire l’utilizzo dell’energia elettrica come fattore di equilibrio ambientale. Il futuro prossimo sarà da appannaggio del vettore elettrico diffuso in funzione della sostenibilità delle fonti energetiche".