Dalla nazionalizzazione di Mps non si può uscire con ”scelte liberiste”. A prendere posizione è il segretario generale della First Cisl Riccardo Colombani, secondo il quale ”non ha alcun senso usare i soldi dei cittadini per nazionalizzare le banche se poi lo Stato, divenuto primo azionista, spinge alle consuete scelte liberiste che hanno come uniche ricette la vendita dei crediti deteriorati, che rischia di dare le economie locali in pasto ai fondi speculativi, e la chiusura di sportelli, che priva del servizio bancario le comunità più svantaggiate, con la conseguenza di nuove perdite occupazionali in banca e nelle imprese del territorio”.
Le parole di Colombani fanno riferimento all’assamblea degli azionisti di Mps ed alle indicazioni fornite dall’ad Marco Morelli sul futuro della banca. Morelli ha lanciato ha messo in guardia dalle difficoltà poste da un quadro macroeconomico che si presenta ”molto peggiore” del 2018 e che, complici anche i vincoli del piano di ristrutturazione, rende più urgente ”una riflessione ovvia sulla tenuta nel lungo termine del modello di business di una banca come il Monte”. Le cui dimensioni e la cui capacità reddituale e di generare ricavi, ha sottolineato, ”è radicalmente diversa” rispetto al passato, a causa del dimagrimento imposto dalla Ue e della perdita di clienti e masse legata alla crisi del 2016, e che oggi è ulteriormente ostacolata dai ”paletti” del piano di ristrutturazione, con effetti anche sul costo della raccolta e in un contesto di tassi e crescita zero. Nel 2018, ha rivendicato l’ad, la banca ”si è rimessa in cammino”, smaltendo 29 miliardi di npl, stabilizzando e abbassando il costo della raccolta, segnando ”una ripresa dell’attività commerciale”, riportando il costo del credito in linea con il mercato.
( Articolo integrale domani su Conquiste Tabloid )