Riflettori ancora puntati sul Mps, all’indomani della decisione dell’Esecutivo di mettere in campo uno ’scudo’ di 20 miliardi di euro da usare “a scopo precauzionale” per intervenire nelle banche e salvare i risparmiatori e che il governo possa usare nel caso di fallimento dell’aumento di capitale della banca senese ma non solo. “Abbiamo considerato nostro dovere varare questo intervento salva risparmi e mi auguro che questa responsabilità venga condivisa da tutte le forze del Parlamento”, ha detto il premier Paolo Gentiloni.
La relazione che autorizza a un maggiore indebitamento per un importo di 20 mld destinato al salvataggio di Mps e di altre banche in difficoltà sarà esaminata domani dalla Camera. La relazione deve essere approvata a maggioranza assoluta.
L’intervento serve a tamponare l’eventuale flop per l'aumento di capitale da 5 miliardi di euro che si chiuderà giovedì. "Stanno venendo a mancare tutte le premesse necessarie per l'operazione di mercato", fa sapere una fonte vicina al dossier. Non solo i risparmiatori, anche i fondi sembrerebbero non interessati a investire. Smentite le ipotesi di investitori cinesi - "non ci sono" assicura la fonte - "anche il fondo Qia del Qatar non sarebbe più interessato" a investire un miliardo di euro. "I fondi vogliono delle garanzie, in primis che ci sia un'adesione elevata all'LMe (liability management exercises)" ossia alla conversione di bond in azioni da parte dei risparmiatori, "ma anche che all'operazione partecipi il Qatar con la cifra di cui si è sempre parlato". Se dal mercato non dovesse arrivare una risposta piena, sarebbe l'intervento pubblico a garantire la ricapitalizzazione necessaria. Nel caso del Monte, le risorse stanziate servirebbero al Tesoro per coprire la quota di ricapitalizzazione necessaria, più consistente rispetto a quanto prevede la sua quota del 4%. La direttiva europea consente allo Stato un intervento "cautelativo", "temporaneo" e "proporzionato" con un intervento diretto o l'"acquisto di strumenti di capitale". In caso di fallimento o di rinuncia alla ricapitalizzazione, le procedure previste dal 'burden sharing' comportano la conversione obbligatoria dei bond subordinati in azioni sia per gli investitori istituzionali che per i risparmiatori retail. E il Tesoro potrebbe intervenire successivamente per rimborsare la clientela retail.