I ritardi del Mezzogiorno, afferma l’Istat, ”stanno aumentando i rischi di un eccessivo e non reversibile impoverimento demografico”. Fra il 2011 e il 2020 si è registrato il primo calo di popolazione nella storia recente del Mezzogiorno (-642mila abitanti; +335mila nel Centro-Nord). A tendenze invariate, evidenzia l’Istituto di statistica, nel 2030 i residenti scenderanno per la prima volta sotto la soglia critica dei 20 milioni di abitanti, con una riduzione su base decennale di circa 4 volte rispetto al Centro-Nord. La perdita di popolazione si concentra nei più giovani, cui fa da contrappunto il maggior peso della popolazione anziana. Intorno al 2035 l’età media della popolazione di Sud e Isole potrebbe superare quella del Centro-Nord, nel 2011 ancora nettamente inferiore (39 anni contro 43,2 del Centro-Nord).
Tali fenomeni inediti, se non governati con urgenza, possono far incamminare il Mezzogiorno verso un'involuzione radicale e molto problematica nella funzionalità e sostenibilità della propria struttura sociale”. Inoltre, ”si avrebbe un effetto negativo sulla capacità di creare reddito (data la contrazione di forza lavoro), un aumento dei bisogni di cura degli anziani, una contestuale riduzione della domanda di altri servizi pubblici e privati per la componente giovanile (educativi, ludico-ricreativi) e una tendenziale caduta del gettito fiscale, necessario per finanziare il welfare locale”. Di fronte a tutto questo, conclude l’Istat, ”il Pnrr è un’opportunità storica per il rilancio del Paese; lo è, al contempo, per alimentare approfondimenti e riflessioni su talune rilevanti criticità che lo caratterizzano”.
Giampiero Guadagni