Venerdì 22 novembre 2024, ore 21:14

Istat

Lavoro, crollano gli inattivi: -500 mila in un anno

Buone notizie sul fronte dell’occupazione, ma anche cattive: a seconda di come si vogliano leggere i numeri forniti oggi dall’Istat. A settembre, infatti, il tasso di disoccupazione sale all'11,7%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente. Ma contemporaneamente rispetto ad agosto sale anche l'occupazione (+0,2%, pari a 45 mila unità). Occupazione che, precisa l’istituto, “si concentra” tra i lavoratori indipendenti (+56.000), a fronte di un calo dei dipendenti a termine (-10.000) e a una sostanziale stabilità dei permanenti, i cosiddetti 'fissi', a cui invece si deve la crescita dell'occupazione su base annua (+264.000).

"La maggiore partecipazione al mercato del lavoro nel mese di settembre, in termini sia di occupati sia di persone in cerca di lavoro, si associa alla diminuzione della stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,9%, pari a -127.000)". E’ quanto precisa l’istituto, evidenziando un crollo nel loro numero su base annua (-508.000). ll tasso di inattività scende così al 34,8%, il minimo storico (dal 1977, ovvero data d'inizio delle serie). Questo calo spiega la contemporanea crescita sia degli occupati sia del tasso di disoccupazione.

"A settembre gli occupati crescono di 45 mila unità rispetto ad agosto ed anche su base annua si registra una crescita di 265 mila occupati. Ma, mentre su base annua a crescere sono soprattutto i dipendenti a tempo indeterminato, la crescita dell’ultimo mese è attribuibile agli indipendenti, a fronte di un calo dei dipendenti, soprattutto a termine, con i permanenti che sono stazionari. Il lieve aumento dei disoccupati può attribuirsi al calo degli inattivi, cioè più gente cerca lavoro. Nel complesso lo scenario è incoraggiante , con l’occupazione che continua a crescere anche se a ritmi un poco inferiori al 2015", ha commentato il segretario confederale della Cisl, Gigi Petteni. "Va però tenuta d’occhio la composizione della crescita occupazionale: se la recente crescita del lavoro autonomo, dopo un lungo periodo di calo, è indicativa di una ripresa di iniziativa a fronte di un migliorato clima economica, il dato è senz’altro positivo, attenzione però a monitorare che esso non nasconda un ritorno all’abuso delle Partite Iva e collaborazioni. In attesa dei dati di fine anno che ci aiuteranno a capire meglio, va salutata con favore l’approvazione, per ora solo al Senato, del disegno di legge sul lavoro autonomo che fornisce alcune importanti tutele al lavoro autonomo “genuino”, tutele ancora migliorabili prima del passaggio alla Camera, se Governo e Parlamento lasceranno spazio al confronto con il sindacato. Il quadro va poi completato inserendo nella legge di stabilità la proroga della DisColl, l’indennità di disoccupazione per i collaboratori. Infine, ai nuovi incentivi all’occupazione che il Governo sta mettendo a punto, va aggiunta la proroga degli incentivi alle assunzioni di lavoratori in mobilità e la proroga dello sgravio contributivo totale nei primi 3 anni di apprendistato per i datori di lavoro con meno di 10 dipendenti. Chiediamo però che dal 2018 si metta mano ad una riduzione a regime del costo del lavoro a tempo indeterminato".

Nel frattempo, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati), scende a settembre al 37,1%, in calo di 1,2 punti percentuali rispetto al mese precedente. Dal calcolo del tasso di disoccupazione, spiega l'Istat, sono per definizione esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, nella maggior parte dei casi perché impegnati negli studi. L'incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari al 9,8% (cioè poco meno di un giovane su 10 è disoccupato). Tale incidenza risulta in calo di 0,3 punti percentuali rispetto ad agosto. Il tasso di occupazione dei 15-24enni aumenta di 0,3 punti, mentre quello di inattività rimane invariato.

A corroborare un lieve ottimismo arriva anche il Censis con il focus redatto insieme a Confcooperative, secondo il quale l'Italia non è solo il Paese dei Neet. Dati alla mano, Oggi gli 'Eet' (Employed-Educated and Trained), i giovani titolari d'impresa che ce la fanno, sfruttano le competenze acquisite e guardano all'attività d'impresa "sono 175.000, di cui il 24,7% nel Nord-Ovest, il 15,7% nel Nord-Est, il 18,5% nelle regioni centrali, e il 41,1% nel Mezzogiorno. Complessivamente, i giovani che lavorano "valgono 46,5 miliardi di euro, il 2,8% del Pil". I ragazzi e le ragazze con una età compresa tra 15 e 29 anni che lavorano "sono 2.630.000, pari all'11,7% degli occupati complessivi, e incidono sui redditi da lavoro per il 7,3%: un valore pari a 46,5 miliardi di euro, cioè il 2,8% del Pil. Con differenze tra lavoro dipendente e indipendente: incidono per l'8% dei redditi da lavoro dipendente e per il 5,3% dei redditi da lavoro autonomo", continua il focus.

In Italia, nonostante tra il 2009 e il 2016 ci sia stata "una riduzione complessiva del 6,8% dei titolari d'impresa e la componente più giovane degli imprenditori, con una età fino a 29 anni, abbia subito una compressione del 19,1%, perdendo poco più di 41.000 giovani aziende", continua lo studio Censis-Confcooperative, "ci sono settori in crescita: in cui le imprese guidate dai giovani mostrano invece un saldo positivo". Considerando solo i settori in cui si manifesta una dinamica positiva, "tra il 2009 e il 2016 i titolari d'impresa giovani aumentano del 32%, passando da 27.335 a 36.079". Analizzando i diversi settori, questa dinamica positiva "vede crescere del 53,4% il numero dei giovani titolari d'impresa nei servizi d'informazione e altri servizi informatici, del 51,5% nei servizi per edifici e paesaggio, del 25,3% nei servizi di ristorazione", prosegue lo studio Censis-Confcooperative, citando anche le attività legate alla gestione di alloggi per vacanze e altre strutture per soggiorni brevi in cui "l'incremento dei giovani imprenditori è del 55,6%". Raddoppiano, inoltre, i giovani che aprono imprese "nelle attività di supporto per le funzioni d'ufficio e i servizi alle imprese (+113,3%)". Il costo dei Neet è invece di "21 miliardi di euro di perdita di produttività". I giovani nella fascia d'età 15-29 anni che non studiano e non lavorano sono 2.349.000, ricorda il Censis, e l'aumento rispetto al 2007, quando erano 1.788.000, è stato rilevante: +31,4%. Il picco più elevato "è stato raggiunto nel 2014 con 2.413.000. Il mancato inserimento dei Neet nel mercato del lavoro si traduce per l'Italia in un costo per perdita di produttività di circa 21 miliardi di euro, pari all'1,3% del Pil", conclude lo studio.

(Approfondimento domani su Conquiste Tabloid)

( 3 novembre 2016 )

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