L’inflazione acquisita per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell'anno se i prezzi rimanessero stabili per tutto il 2023) è pari a +5,1%. Lo comunica l'Istat confermando la stima preliminare sui prezzi al consumo nel mese di dicembre scorso.
Nel 2022 l'impatto dell'inflazione, misurata dall’Ipca (l'indice armonizzato dei prezzi al consumo che si attesta +8,7% in media d'anno), è più ampio sulle famiglie con minore capacità di spesa: +12,1% contro +7,2% per quelle con maggiore capacità di spesa. Nel primo gruppo sono presenti le famiglie con la spesa mensile equivalente più bassa (generalmente le meno abbienti) e nell'ultimo quelle con la spesa mensile più alta. In particolare, per le famiglie del primo gruppo l'inflazione in media d'anno accelera di 9,7 punti percentuali passando da +2,4% del 2021 a +12,1% nel 2022, mentre per quelle del quinto gruppo accelera da +1,6% dello scorso anno a +7,2%, del 2022. Pertanto, rispetto al 2021, il differenziale inflazionistico tra la prima e la quinta classe si amplia ed è pari a 4,9 punti percentuali.
L'accelerazione dell'inflazione che caratterizza il 2022 (+8,1% la media d'anno) si riscontra in tutte le aree geografiche e in tutte le regioni, tra le quali vede in testa la Sicilia (+9,7%) e in coda la Valle d'Aosta (+6,9%). Tutte le ripartizioni geografiche registrano un'inflazione sostenuta e in accelerazione rispetto a quella del 2021: le Isole (da +2,2% nel 2021 a +9,7%), il Nord-Est (da +2,0% a +8,6%), il Sud (da +2,1% a +8,2%), il Centro e il Nord-Ovest (da 1,7% per entrambe rispettivamente a +7,9% e a +7,8%, al di sotto, quindi, del dato nazionale). A livello regionale sono undici le regioni (Sicilia, Trentino Alto Adige, Sardegna, Liguria, Abruzzo, Puglia, Umbria, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana) nelle quali l'inflazione del 2022 risulta più ampia di quella nazionale; in Calabria è pari al dato nazionale, mentre si attesta al di sotto la crescita dei prezzi al consumo nelle restanti otto regioni (Campania, Lombardia, Lazio, Marche, Molise, Piemonte, Basilicata, Valle d'Aosta). Nel solo mese di dicembre scorso l'inflazione si conferma al di sopra del dato nazionale (+11,6% su base annua) nelle Isole (in rallentamento da +14,1% a +13,9%) e al Sud (stabile a +11,7%), mentre è al di sotto al Nord-Est (in decelerazione da +11,8% a +11,5%), al Nord-Ovest (stabile a +11,4%) e al Centro (in rallentamento da +11,5% +11,0%). Tra i capoluoghi delle regioni e delle province autonome e tra i comuni non capoluoghi di regione con più di 150mila abitanti, l'inflazione più elevata si osserva a Catania (+14,7%), Palermo (+14,6%) e Messina (+13,9%), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Potenza (+9,2%) e Aosta (+8,5%).
Commenta il leader della Cisl Sbarra: ”L'inflazione continua a mangiare in modo allarmante pezzi importanti di reddito dei lavoratori, dei pensionati, delle famiglie. Serve una nuova politica dei redditi agendo per mettere sotto controllo prezzi e tariffe, arginare la speculazione, sterilizzare gli oneri di sistema e ripristinare il taglio delle accise, allargare la sorveglianza ai beni alimentari e di largo consumo”. Intervistato dal Tg1 Economia, Sbarra aggiunge che è necessario anche ”un deciso, forte taglio delle tasse e assicurare la piena rivalutazione delle pensioni”. Sbarra punta l'attenzione anche sui rinnovi contrattuali: con l’ultima legge di Bilancio ”il Governo ha operato un deciso taglio delle tasse sui premi di risultato, noi chiediamo di andare oltre: azzeriamole sui premi di risultato, sugli accordi di welfare, creiamo le condizioni perché possa crescere il netto in busta paga delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Da parte sua, il presidente di Confindustria Bonomi osserva: ”C’è' una buona notizia: il costo dell'energia scende in maniera importante, se dovesse mantenersi su questi valori nella seconda metà dell'anno, molto probabilmente da settembre, l’inflazione dovrebbe diminuire in maniera importante. La nostra è una inflazione da importazione, dovuta alla fiammata dei costi delle materie prime”.
Intanto l’Oxfam nel suo report sottolinea che la diseguaglianza morde anche in Italia: non si avvicina al dramma misurato su scala globale, che nel biennio pandemico ha visto l'1% dei Paperoni del mondo accaparrarsi oltre il 60% della ricchezza creata portando a nuovi record le diseguaglianze. Ma anche nel nostro Paese ”la concentrazione di ricchezza cresce mentre i poveri assoluti raggiungono quasi due milioni di famiglie, fra impatto della pandemia e uno shock inflazionistico che ha fatto crollare i salari reali: -6,6% solo nei primi nove mesi del 2022 in assenza di misure efficaci”. E per il futuro ”le prospettive di arretramento sono forti alla luce dei fattori correnti di rischio per l'economia italiana come gli impatti del conflitto russo-ucraino e la crescita dell'inflazione”.
Giampiero Guadagni