Battuta d'arresto per la crescita economica nel IV trimestre del 2019. Dopo quattro trimestri positivi, il prodotto interno lordo scende dello 0,3% rispetto al terzo trimestre mentre rimane invariato, su base annua. E’ quanto rileva l'Istat nella stima preliminare del Pil. Questo calo trimestrale è il più forte dal primo trimestre del 2013. Nel 2019 il Pil italiano ha registrato un aumento dello 0,2% sia in base a dati corretti per gli effetti di calendario che in base a dati trimestrali grezzi, in netta frenata rispetto al +0,8% del 2018.
Il valore aggiunto in termini congiunturali "segna un calo marcato nell'industria e in agricoltura, a fronte di un sostanziale ristagno per l'insieme del terziario".
Grande preoccupazione viene espressa dalle forze sociali. Per la segretaria generale della Cisl Furlan si tratta dell’”ennesimo segnale negativo per la nostra economia. Il Paese è fermo. Siamo ultimi in Europa con un crescita sempre più vicina allo zero. Il Governo deve sbloccare subito le tante infrastrutture ferme, investa nei fattori di crescita del Paese o il quadro peggiorerà nei prossimi mesi”.
Le previsioni del Governo contenute nella nota di aggiornamento al Def per il 2019 si attestano al +0,1%. L’ooposizione di centrodestra parla di fallimento totale della politica economica dell’esecutivo giallorosso. Il ministro Gualtieri risponde: ”Noi prevediamo e confidiamo in un rimbalzo nel primo trimestre del 2020 e siamo ancora più determinati sulla crescita e gli investimenti, attuando le misure varate con la manovra di bilancio. Siamo determinati e fiduciosi che le misure che abbiamo preso contribuiranno alla crescita e all'occupazione”.
Intanto ancora l’Istat fa sapere che sono 5,5 milioni i lavoratori dipendenti (44,6% del totale) che aspettano a fine 2019 il rinnovo del contratto di lavoro. I contratti da rinnovare sono 44. Il numero dei dipendenti in attesa è comunque in calo rispetto al trimestre precedente. Aumenta invece il tempo medio di attesa di rinnovo, che passa da 10,6 a 20,4 mesi per i lavoratori con contratto scaduto.
Alla fine di dicembre i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica (29 contratti) riguardano oltre la metà (55,4%) dei dipendenti - circa 6,9 milioni - con un monte retributivo pari al 53,4% del totale. Nel corso del quarto trimestre 2019 sono stati recepiti cinque accordi - estrazione di minerali energetici e petrolifere, lapidei, energia elettrica, autorimesse e autonoleggi e gas e acqua - e ne sono scaduti due, conciarie e alimentari.
Sempre a dicembre, l'indice delle retribuzioni contrattuali orarie resta invariato rispetto al mese precedente e aumenta dello 0,6% rispetto a dicembre 2018. In particolare, l'aumento è stato dello 0,9% per i dipendenti dell'industria, dello 0,4% per quelli dei servizi privati e dello 0,7% per quelli della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli dell'estrazione di minerali (+1,8%), dell'energia e petroli (+1,7%), dell'energia elettrica e industria chimica (entrambi +1,5%). L'incremento è invece nullo per i settori del commercio, delle farmacie private, delle telecomunicazioni e degli altri servizi privati. Nel 2019 la retribuzione oraria media è cresciuta dell'1,1% rispetto all’anno precedente. Aumenti superiori alla media si registrano per l’intero settore pubblico (+1,9%) e, nel settore privato, per l'agricoltura (+1,8%) e l'industria chimica (+1,5%). L’Istat spiega che nel 2019, la media delle retribuzioni contrattuali orarie mostra una dinamica meno sostenuta di quella osservata nell’anno precedente, a seguito del mancato rinnovo contrattuale per quasi la metà dei dipendenti.