Venerdì 22 novembre 2024, ore 20:05

Economia 

Fine povertà mai 

La povertà assoluta torna a crescere e tocca il valore più elevato dal 2005, vale a dire da quando è disponibile la serie storica per questo indicatore. Nel 2020 le famiglie in questa situazione sono oltre 2 milioni (il 7,7% del totale, da 6,4% del 2019, + 335 mila) per un numero complessivo di individui pari a circa 5,6 milioni , oltre 1 milione in più rispetto all'anno precedente.
Nell’anno della pandemia si azzerano dunque i miglioramenti registrati nel 2019.
L’incremento della povertà assoluta è maggiore nel Nord del Paese e riguarda 218 mila famiglie (7,6% da 5,8% del 2019), per un totale di 720 mila individui. Peggiorano anche le altre ripartizioni ma in misura meno consistente. Il Mezzogiorno resta l’area dove la povertà assoluta è più elevata: coinvolge il 9,3% delle famiglie contro il 5,5% del Centro.
Nel 2020, l’incidenza di povertà assoluta cresce soprattutto tra le famiglie con persona di riferimento occupata (7,3% dal 5,5% del 2019). Si tratta di oltre 955 mila famiglie in totale, 227 mila famiglie in più rispetto al 2019. Tra queste ultime, oltre la metà ha come persona di riferimento un operaio o assimilato, oltre un quinto un lavoratore in proprio.
L’aumento della povertà assoluta si inquadra nel contesto di un calo record della spesa media per consumi delle famiglie (su cui si basa l’indicatore di povertà), che crolla ai livelli del 2000. La spesa media mensile è pari a 2.328 euro mensili, in calo del 9,1% rispetto ai 2.560 euro del 2019, sostanzialmente in linea con la diminuzione generale del Pil.
L’Istat ricorda che, a seguito della crisi del debito sovrano, il biennio 2012-2013 è stato il periodo di maggior contenimento delle spese delle famiglie osservato tra il 1997 e il 2019, ma in quella occasione il calo rispetto al 2011 si era fermato al 6,4%.Nel corso del 2020, le spese per consumi hanno seguito un andamento condizionato dalle restrizioni imposte dalle misure di contrasto alla pandemia via via introdotte. Il calo delle spese per consumi delle famiglie è diffuso su tutto il territorio nazionale ma risulta più intenso nel Nord.
Rispetto al 2019, rimangono sostanzialmente invariate la spesa per alimentari e bevande analcoliche (468 euro al mese) e quella per abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria (893 euro mensili). Si tratta, infatti, di spese difficilmente comprimibili, solo marginalmente toccate dalle restrizioni governative. Diversamente, la spesa per tutti gli altri capitoli, con diminuzioni drastiche per servizi ricettivi e di ristorazione (-39,0%), ricreazione, spettacoli e cultura (-26,5%), trasporti (-24,6%) e abbigliamento e calzature (-23,2%).
Il Recovery plan ”deve servire anche a combattere le diseguaglianze sociali. Servono forti politiche sociali, interventi di sostegno a famiglie, lavoro, investimenti, ridurre tasse a lavoratori e pensionati”. Così il segretario generale della Cisl Sbarra commenta i drammatici i dati dell’Istat. Una vera bomba sociale che va disinnescata al più presto. Intanto, ribadisce Sbarra, ”il blocco dei licenziamenti deve proseguire fino a fine emergenza ed essere generalizzato. Siamo nel pieno della più grande emergenza economica, sociale e sanitaria della storia della Repubblica. Fino a che perdura l’emergenza sanitaria e la crisi economica è così pesante dobbiamo alzare e rafforzare le misure di protezione sociale verso i lavoratori. Dobbiamo poi rendere gli ammortizzatori sociali universali, solidaristici, inclusivi, mutualistici e di tipo assicurativo. Devono riguardare anche le micro aziende sotto i sei dipendenti che ora non hanno nessuna protezione sociale. E poi bisogna estendere le tutele al lavoro autonomo e ai parasubordinati". Insomma nessuno deve restare indietro. Per quanto riguarda le risorse, Sbarra fa riferimento al programma Sure e agli stanziamenti programmati nei decreti per fronteggiare l’emergenza Covid dal Cura Italia a quelli successivi per gli ammortizzatori sociali non utilizzati appieno. Infine Sbarra sottolinea di essere favorevole ad una campagna vaccinale nei luoghi di lavoro: ”Sulla scia dei protocolli sulla sicurezza già sottoscritti con le associazioni imprenditoriali, ai quali se ne può aggiungere uno ad hoc per organizzare la campagna. Andare avanti speditamente con il piano vaccini significa creare le condizioni per la ripartenza”.
Aggiunge Sbarra: ”Con Cgil e Uil chiederemo al premier Draghi di aprire a breve un confronto a Palazzo Chigi”. Necessario infatti ”un grande patto sociale per la crescita, lo sviluppo, il lavoro, la coesione”. Il governo ”è nella pienezza dei suoi poteri. C’è un autorevolissimo presidente del Consiglio, abbiamo letto le dichiarazioni programmatiche e si è completata la squadra di governo, quindi è maturo il tempo per avviare un confronto finalizzato a governare l'emergenza e soprattutto ragionare su una strategia, di medio e lungo periodo utilizzando adeguatamente le ingenti risorse che stanno arrivando dall'Unione europea”. Su questo fronte per Sbarra la priorità deve andare ”al lavoro per donne e giovani, che sono le fasce più penalizzate”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il leader della Cgil Landini: la proroga dei licenziamenti deve riguardare tutti, la riforma degli ammortizzatori sociali va fatta con l’incentivo dei contratti di solidarietà e quelli di espansione insieme alla messa a punto di uno strumento universale che copra tutte le forme di lavoro, compreso quello autonomo.

Giampiero Guadagni
 

( 4 marzo 2021 )

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