Il governo porterà mercoledì prossimo al Consiglio dei ministri il decreto cosiddetto sblocca-cantieri. E’ quanto annunciato ieri dal premier Conte a Cgil, Cisl e Uil nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi. L’esecutivo sta predisponendo anche la legge delega sulle modifiche al codice degli appalti per una riforma organica.
Lunedì, dunque prima del Cdm, si terrà al ministero dei Trasporti un incontro tecnico con gli esperti delle categorie dei sindacati.
”E’ fondamentale far ripartire l'edilizia”, ha affermato la leader della Cisl Furlan al termine dell'incontro. Sottolinea Furlan: ”Per ogni euro che si investe in costruzioni se ne mobilitano 3 ed è quindi un modo per far crescere il Pil e l'occupazione: la priorità è sicuramente riaprire i cantieri in sicurezza e legalità. Abbiamo detto a Conte che per noi è fondamentale che eventuali correzioni al codice degli appalti non allarghino minimamente il subappalto diminuendo la sicurezza: sicurezza e legalità vanno insieme”. Insiste Furlan: ”Abbiamo bisogno di sbloccare da subito le grandi e le medie opere bloccate e ancora mai partite nel nostro Paese con le risorse che ci sono e che bisogna spendere, fare le opere che collegano l'Italia con il resto d'Europa. Dobbiamo evitare che in questo Paese si continuino a rinviare interventi importanti sull'assetto idrogeologico e sulla sicurezza del suolo".
Sulla stessa linea il segretario generale della Cgil Landini e quello della Uil Barbagallo.
La bozza del decreto sblocca cantieri prevede l’eliminazione dell'obbligo di non superare la quota del 30% dell'importo complessivo del contratto di lavori; il limite del 30% si applica alla sola categoria prevalente dell'appalto dei lavori.
Anche l’Ance ha ribadito al governo tutte le preoccupazioni sullo stato del settore. Per il presidente dell’associazione dei costruttori Buia ”servono misure concrete per passare dalle parole ai fatti”. Anche Confindustria chiede all’esecutivo di far ripartire il Paese. ”Per il vicepresidente Pan sono tre i nodi da sciogliere: ”La ripresa della spesa complessiva per investimenti, la riduzione dei tempi di realizzazione delle opere, la semplificazione del quadro regolatorio”. Per gli industriali serve una inversione di tendenza in un Paese dove ”dal 2009 al 2018 gli investimenti pubblici sono scesi da oltre 56 miliardi a poco più di 30”. Un esempio chiaro: ”Se nel Sud avessimo investito come nel 2009, il Paese non avrebbe perso un punto di Pil l'anno e oggi avremmo più di 60 miliardi di opere pubbliche in più”.