Il Centro Studi di Confindustria rivede al rialzo le stime di crescita del nostro Paese per quest'anno e il prossimo: la ripresa globale si consolida e l'Italia segue a ruota. L'accelerazione dell'economia italiana si deve a export e investimenti, si dimezza inoltre il gap con l'Europa anche se ancora "non piccolo". Il Csc prevede una crescita del Pil dell'1,3% nel 2017 e dell'1,1% nel 2018, a dicembre 2016 il Centro Studi stimava un +0,8% nel 2017 e +1% nel 2018. Nel biennio di previsione, si legge negli Scenari economici, si consolida il recupero iniziato nel 2014, mentre il resto dell'Eurozona è cresciuto rispettivamente dell'1,4%, del 2,3% e dell'1,9%. Il differenziale di crescita con il resto dei paesi dell'euro si dimezza: da 1,4 punti percentuali nel 2015 a 0,7% nel 2017-2018. "Rimane, comunque, non piccolo e allarga il divario che si è cumulato nei livelli di Pil totale e pro-capite (per entrambi quasi 18 punti percentuali dal 2000)". Nel 2016 l'economia italiana è cresciuta dello 0,9%, in accelerazione dallo 0,8% del 2015 e dallo 0,1% del 2014. A fine 2018, in base alle proiezioni Csc, il livello del Pil sarà ancora del 5% più basso del massimo toccato oltre dieci anni prima (-7,7% in termini procapite) e intorno ai livelli del picco del 2011.
Nel 2017 l'economia italiana trae beneficio, oltre che dagli effetti di misure di bilancio ancora espansive, da un commercio mondiale previsto in netta accelerazionerispetto al 2016. Il rallentamento della crescita nel 2018 è spiegato - sottolinea il Csc - prevalentemente da un andamento meno vivace del commercio globale e dall'esaurirsi di alcuni importanti incentivi fiscali.
Resta il problema dell’occupazione, perchè, nonostante i miglioramenti registrati negli ultimi anni, nel mercato del lavoro italiano è ancora ampio il bacino di persone a cui manca lavoro, in tutto o in parte: un esercito che conta 7,7 milioni di persone. E' la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria negli ultimi Scenari Economici.Ai 3 milioni di disoccupati nel primo trimestre 2017 (+81,2% rispetto a nove anni prima) bisogna aggiungere gli occupati part-time involontari (2,6 milioni, +109,3%) e i non-occupati che sarebbero disponibili a lavorare ma non hanno compiuto azioni di ricerca attiva (1,4 milioni, +39,6%) oppure che stanno aspettando l'esito di passate azioni di ricerca (650mila, +105,5%). In totale, si tratta, appunto, di 7,7 milioni di persone (+81,5%).Un'altra misura del deterioramento strutturale del mercato del lavoro durante la crisi ""è l'ormai elevatissimo stock di disoccupati di lunga durata"": nel primo trimestre 2017 le persone alla ricerca di un impiego da almeno dodici mesi erano poco meno del 60% del totale dei disoccupati, 1,7 milioni (+125,9% rispetto al primo 2008, -0,1% rispetto a inizio 2016).
(Approfondimento domani su Conquiste Tabloid)