Naturalmente l’importanza di negoziare e di saper negoziare non riguarda solo il mondo del lavoro. Una panoramica completa e dettagliata ci viene offerta in un libro appena uscito: ”Negoziando. Cassetta degli attrezzi per classi dirigenti” (Edizioni The Skill Press, pagine 305, 20 euro). Autori sono Francesco Tufarelli, direttore generale presso la Presidenza del Consiglio - Dipartimento Politiche Europee; e Cristiano Zagari, docente di tecniche di negoziato internazionale.
Negoziare, spiegano gli autori del libro, è una scienza e un arte allo stesso tempo. Bisogna conoscere regole, codici di linguaggio, nozioni sul comportamento, la psicologia, la fisiognomica, i precedenti storici, le figure famose. Ed è poi necessario che quelle regole siano interpretate con abilità e spirito creativo.
Il libro di Tufarelli e Zagari offre indicazioni preziose per ogni fase del negoziato, con l’ausilio di schemi, prospetti ed esempi tratti da ben 106 casi concreti attentamente studiati.
Un consiglio pratico riguarda la ”mappatura delle parti”. Mappare le parti significa considerare, oltre agli attori già pienamente attivi, anche coloro che potenzialmente potrebbero decidere di sedersi a tavolo. Viene in proposito citato un caso molto significativo per la storia del sindacato italiano: quello del referendum del 1984 sulla scala mobile. L’ala socialista della Cgil incarnata da Ottaviano Del Turco voleva evitare la consultazione, e chiese l’intervento del segretario del Pci Alessandro Natta per disinnescare la mina. E anche il leader della Cisl Pierre Carniti sostenne che era difficile una trattativa tra Cgil Cisl e Uil in cui il negoziatore occulto, il Pci, non sta al tavolo di trattativa. L’esito finale lo conosciamo tutti. Insomma, in un negoziato, anche la sedia vuota è eloquente e può essere una tattica parte integrante della strategia.
D) Il vocabolario della politica è fatto non solo da sinonimi e contrari ma anche dal contrasto spesso artificioso tra corretto e scorretto. Il termine “inciucio” ha finito per gettare fango anche sul concetto di “negoziato”. Tufarelli, ci aiuta per prima cosa a ridare nobiltà a questa parola?
R) Il negoziato è sostanzialmente la base della convivenza civile. Negoziamo ogni giorno e per qualunque cosa anche se spesso non ce ne rendiamo conto. Caratterizzare in maniera negativa tale attività non solo è ingiusto ma anche fondamentalmente scorretto, è come rinnegare il nostro quotidiano. Il negoziato è uno strumento per chiudere accordi più o meno soddisfacenti, il “cosiddetto” inciucio è il peggiore risultato possibile di un negoziato presumibilmente mal condotto.
D) Per il sindacato negoziato, confronto, concertazione è pane quotidiano, la ragione sociale della propria attività. Negli ultimi anni questa attività è stata però generalmente percepita come una perdita di tempo nell’azione di governo della società. Doppio consiglio: come far cambiare idea a chi la pensa così? E come un sindacalista deve esercitare l’arte del negoziato in modo che sia, e appaia anche, sempre concreto?
R) I sindacati intesi come categoria sociale detengono sicuramente la “palma dei negoziatori”. Grazie a questa attività negli anni sono state ottenute le più importanti conquiste del lavoro e dunque la nobiltà di tale attività non è assolutamente in discussione. Sicuramente negli ultimi anni, forse anche a causa di una situazione generale meno drammatica delle origini, il ruolo del sindacato ha perso appeal nella società. Probabilmente molto è dovuto anche alla parcellizzazione delle diverse sigle sindacali e dunque alla difficoltà dell’individuazione di un ruolo preciso del sindacato stesso. Il “cambio di passo” dovrà forse 0passare attraverso una rivisitazione del ruolo e dell’attività sindacale e un serio confronto con gli strumenti messi a disposizione dei lavoratori. Non sono sicuro che siano sufficienti i frequenti congressi delle Confederazioni e delle diverse sigle, probabilmente bisognerebbe avere il coraggio di convocare dei veri e propri “Stati generali dei lavoratori” avendo il coraggio di affrontare in maniera aperta il ruolo di questi ultimi che forse in questo periodo, meno di sempre, si sentono rappresentati. La concretezza tuttavia non dipende solo da una parte contrattuale, negli ultimi anni anche l’evanescenza delle parti datoriali e dei Governi in carica non ha facilitato la credibilità dei diversi negoziati.
D) In cosa consiste nel negoziato la cassetta degli attrezzi evocata dal sottotitolo del libro?
R) La cassetta degli attrezzi rappresenta la somma dei diversi strumenti messi a disposizione del negoziatore all’inizio della sua attività. Paradossalmente il “fascicolo negoziale” rischia di essere in alcuni casi un elemento meno rilevante rispetto alle modalità con cui viene negoziato. Infatti la conoscenza della controparte, il territorio in cui si negozia, la scelta dei tempi, il rispetto delle procedure e le modalità con cui si propongono gli argomenti hanno pari importanza rispetto all’ oggetto stesso del negoziato. Saper negoziare come abbiamo già avuto modo di dire rappresenta anche nel quotidiano una qualità di straordinaria importanza. È evidente che ognuno di noi ha virtù innate e queste incidono sicuramente sulla capacità di negoziare, tuttavia il negoziato è un’arte e come tutte le arti oltre ad una visione prevede il rispetto di regole.
D) Ci sono parole particolari che è bene usare e altre che è invece bene evitare?
R) Questo dipende molto dagli argomenti, dal tavolo negoziale e dalla controparte. A secondo del tipo di trattativa e a volte del tipo di interlocutore alcune parole o espressioni sono da considerare assolutamente sconsigliate. Ad esempio con gli arabi appare conveniente parlare di famiglia ma mai di religione e di politica. Con i giapponesi è importantissimo rispettare il cosiddetto “rispetto del silenzio”. Con gli indiani bisogna alternare pragmatismo e creatività. Con i russi vietato usare la parola “compromesso” per loro equivale a una sconfitta. Inoltre diversi popoli attribuiscono significati differenti alle stesse parole. In generale è comunque bene evitare di considerare la controparte come un nemico. L’avversario negoziale va rispettato e mai umiliato. Vincere mai stravincere.
D) Sulla base di queste indicazioni ci fa un esempio storico di un negoziato riuscito ? E di uno invece fallito ?
R) Il maggior trionfo negoziale della storia è a mio parere costituito dal negoziato condotto a Vienna dal Principe di Talleyrand. Rappresentava il Paese colpevole della rivoluzione, dell’uccisione sulla ghigliottina della regina austriaca e del regime napoleonico. Pur tuttavia il “diavolo zoppo”, come il Principe francese viene ricordato dalla storia, condusse un negoziato perfetto e la Francia riuscì a mantenere gli stessi confini che aveva sempre avuto. Paradossalmente la sua trattativa ebbe inizio nei confronti del suo stesso Re quando, nonostante avesse servito tutti i governi passati, riuscì a ottenere l’incarico di rappresentare il Paese a Vienna scrivendosi da solo le istruzioni. Per alleggerire il discorso possiamo dire che il peggior negoziato della storia fu il primo, quello fra Adamo ed Eva. Non si era centrato il fascicolo negoziale (mela o paradiso?), le due parti non si comprendevano assolutamente fra di loro e così accade tutt’oggi e il mediatore scelto (il serpente) non mi pare fosse gran che degno della fiducia e a ben vedere anche lui non ha fatto una gran fine.
D) Cosa ci insegnano gli ultimi negoziati internazionali: penso a quello sulla Brexit e a quello suoi dazi tra Cina e Usa ?
R) Sono negoziati molto differenti fra di loro. Il primo nasce dallo storico errore di fissare il referendum su una materia che dovrebbe essere competenza dei governi, non controllando minimamente la volontà popolare. Cameron fissa il referendum per vincere e lo perde. In seguito sia i conservatori che i laburisti interpretano le elezioni amministrative successive come una conferma dell’esito referendario: secondo errore. In seguito inizia un infinito “balletto” fra Camera dei rappresentanti e Governo sulle modalità di recesso. La reazione della Commissione europea e dell’intera comunità è molto dura e il Commissario Barnier la rappresenta in tutta la sua rigidità (un arbitro francese a mediare una partita con la Gran Bretagna!!). Il finale rappresenta la classica conclusione per sfinimento, senza vincitori né vinti, la storia darà il suo responso. Sullo sfondo il quadro internazionale profondamente modificato dallo svolgimento del referendum ad oggi. Per quanto riguarda il negoziato fra Cina e Usa la situazione è completamente diversa, è difficile dare giudizi su un negoziato ancora in corso. La sensazione è che ambedue i Paesi non abbiano ancora scoperto tutte le carte e Biden come Trump cede molto alla propaganda, senza che le posizioni si trasformino in vere e proprie misure cogenti. Possiamo dire che anche come Europa questo negoziato influirà moltissimo sulla vita politiche dei prossimi anni.
D) Un’ultima domanda: ogni giorno anche le persone comuni in qualche modo si trovano a negoziare, a trattare: queste regole valgono anche nei normali rapporti sociali interpersonali?
R) Assolutamente si, soprattutto le regole riguardanti la necessità di informarsi, di conoscere l’oggetto del negoziato, di rispettare la controparte, di scegliere bene le domande da fare e di tentare di prevedere quelle che si riceveranno. Vivere vuol dire negoziare, negoziare bene dunque sicuramente migliora la qualità della vita. Le qualità di negoziatore sono ovviamente innate ma anche in assenza di queste una buona “cassetta degli attrezzi” aiuta ad ottenere buoni risultati. È tuttavia importante compensare bene il peso da dare alla tattica, quello da dare alla tecnica ed infine l’attenzione da riservare ai diversi interessi in partita. Innamorarsi del proprio ruolo, perdendo di vista l’oggetto negoziale è altrettanto grave rispetto al derogare le regole del negoziato.
Giampiero Guadagni