Contare i gig worker non è impresa facile. Il perimetro entro cui ha preso forma l’economia dei ”lavoretti” ha confini sfumati: non tutte le piattaforme che attraverso una app connettono domanda e offerta e realizzano uno scambio di servizi rientrano nella definizione.
Al Festival dell’Economia di Trento, a fine giugno, la Fondazione De Benedetti ha presentato in anteprima i dati di uno studio secondo cui questi lavoratori sarebbero ormai 700mila, un piccolo esercito.
Presentando il proprio rapporto annuale l’Inps, che ha collaborato con la fondazione De Benedetti, ha rettificato i dati e ha stimato il loro numero in ”un intervallo da 589.040 a 753.248.
La crescita gigger si iscrive nella nuova geografia del lavoro uscita dalla crisi. Gli occupati sono tornati a quota 23 milioni, come nel 2009, ma il totale è frutto di un calo registrato nell’industria, che ha perso 800mila posti, più che compensato dalla crescita dei servizi (+ 900mila).
E’ quest’ultimo dato che bisogna scandagliare per trovare i nostri gig worker. Non si tratta solo dei rider, che sarebbero appena 10mila secondo il rapporto. La sovraesposizione mediatica e politica ha trasformato i ciclo - fattorini in un caso, anzi nel caso simbolo dello sfruttamento e della precarietà connessi all’economia on demand. Ma in realtà i numeri ci dicono che si tratta di un piccolo affluente di un grande fiume. L’Inps fa notare infatti come nonostante “il dibattito pubblico sia incentrato sui rider” questi rappresentino” una parte limitata della gig economy, pari a poco più del 10%”.
Per lo più i gig workers sono baby sitter (magari a giornata o a serata), colf, specialisti e programmatori online, artigiani e addetti alle pulizie che accettano di cedere i loro servizi attraverso una app.
Solo 150mila sarebbero però gig worker a tempo pieno (lo 0,3 della popolazione attiva). Per tutti gli altri i lavoretti rappresenterebbero solo un’opportunità di arrotondare i propri redditi. Il 54% di loro sono uomini (46% donne). Quelli sotto i 40 anni sono circa il 49% del totale, di cui il 22% ha tra i 18 e i 29 anni. Nel 10% dei casi il contratto di queste persone è il co.co.co., nel 21% a chiamata e “non mancano partite iva i nuovi voucher”. Di questi, uno studente per guadagnare qualcosa tra un esame e l'altro lavora 1-4 ore alla settimana per una paga media oraria di 12 euro.
Un lavoratore più grande, over 40, è impiegato in lavoretti come secondo impiego, ma comunque legati alla propria professione principale, riuscendo a portare a casa una media di 343 euro al mese, lavorando 10, 14 ore a settimana in più, mentre chi fa di questi lavori la propria attività principale in media guadagna 839 euro al mese, lavorando da 20 a 30 ore la settimana.
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