Il 9 ottobre del 1963, al confine tra Veneto e Friuli, nella valle del Vajont, una massa di 270 milioni di metri cubi di terra e roccia si stacca dal monte Toc e precipita nel bacino idroelettrico sottostante alimentato dal torrente Vajont sollevando tre enormi ondate che, tracimando la diga, si riversano a valle cancellando tutto ciò che trovano sulla loro strada. Una tragedia di dimensioni catastrofiche. E alla fine si conteranno quasi 2mila vittime.
Vittime di un disastro annunciato, di controllori che non avevano controllato, di verifiche eseguite e poi lasciate in fondo ai cassetti. Vittime della ”fatalità prevedibile” che ci ricordano casi recenti come il ponte Morandi di Genova.
Per questo ieri, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha ricordato che il disastro del Vajont ”sollecita un’assunzione di responsabilità, anzitutto delle istituzioni a tutti i livelli, della società civile, di scienziati e tecnici, del mondo degli operatori industriali affinché gli standard di sicurezza siano sempre garantiti in ogni opera pubblica al massimo livello e l’equilibrio ambientale venga ovunque assicurato, a tutela della vita dei cittadini e delle comunità”.
”A 55 anni dal disastro del Vajont - ha sottolineato il Presidente della Repubblica in un messaggio - l’Italia non dimentica le vite spezzate, l’immane dolore dei parenti e dei sopravvissuti, la sconvolgente devastazione del territorio, i tormenti delle comunità colpite. Neppure può dimenticare che così tante morti e distruzioni potevano e dovevano essere evitate”.
Morti e distruzioni dovute ”all’incuria dell’uomo” e in particolare di coloro che sono deputati all’amministrazione pubblica. Il sindaco di Longarone e presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, nel suo intervento alla cerimonia di commemorazione delle vittime lo dice senza peli sulla lingua. ”Due anni - ha affermato - fa eravamo qui a ricordare le vittime e la distruzione provocate dal drammatico terremoto che aveva colpito il Centro Italia. Oggi quelle del tragico crollo del ponte Morandi a Genova. Un altro esempio di cattivo governo della cosa pubblica, dell’incapacità di comprendere il pericolo, di controllo, di prevenzione, ma soprattutto colmo di omissioni e di mancato rispetto delle regole”.
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