Non sappiamo se davvero entro il 2025 oltre la metà delle automobili saranno ibride o elettriche, come ha annunciato l’amministratore delegato di Fca, Sergio Marchionne. Tuttavia, i cambiamenti tecnologici e gli scenari delineati al Salone dell’auto di Detroit, impongono a tutti una riflessione sul futuro dell’industria dell’auto anche nel nostro paese. Indubbiamente gli investimenti realizzati in questi ultimi anni da Fca in Italia, garantiti da coraggiosi accordi sindacali, rappresentano un "modello" di sviluppo industriale possibile ed auspicabile, incentrato sulla ricerca di una maggiore produttività, qualità, condivisione degli obiettivi, tutele occupazionali e salariali, partecipazione dei lavoratori. E’ la prova che si possono conciliare bene le nuove tecnologie digitali (e le necessarie competenze) con l'indispensabile fattore umano. Da questa esperienza positiva e concreta bisognerebbe partire quando si parla di una maggiore innovazione e di rilancio della politica industriale. Tutti dovrebbero visitare gli stabilimenti di Pomigliano e gli altri siti industriali italiani di Fca, soprattutto i giovani che si avvicinano al mondo del lavoro, per comprendere la portata dell'evoluzione industriale, formativa e culturale che è stata messa in piedi con la spinta responsabile in particolare di una larga parte del sindacato. I lavoratori hanno salvato e rilanciato la produzione di Fca in Italia. Se entro il 2022 Fca raddoppierà gli utili lo si deve in parte allo sforzo ed alla scommessa che è stata fatta proprio negli stabilimenti italiani, senza fare ricorso a finanziamenti pubblici, come avveniva in passato. Basta guardare i dati dell'ultimo anno: la produzione degli stabilimenti italiani del Gruppo FCA si è chiusa con un incremento del 4,2% per il settore auto, segnando, per il quarto anno consecutivo una crescita della produzione, con circa 32 mila vetture in più e superando ampiamente la soglia del milione di auto. Siamo ben lontani dalla situazione produttiva degli stabilimenti italiani del 2013. Lo dimostrano anche i dati degli ammortizzatori sociali passati da circa 32 milioni di ore del 2013 a circa 5,8 milioni nel 2017 (dal 27% della forza lavoro a circa il 5%). Così come positive sono state le nuove stabilizzazioni con i contratti a tempo indeterminato che hanno portato il totale degli occupati del Gruppo FCA da 65.300 del 2013 a 66.200 del 2017 (+ 1,4%). Ma ora è indispensabile dare continuità alle scelte dell’azienda ed utilizzare le risorse prodotte per completare gli investimenti e spingere sull'offerta di modelli con motorizzazioni ibride, elettriche ed anche sulla guida autonoma. Questa è la nuova sfida cui Fca non può sottrarsi. L'elevata produttività deve essere orientata a raggiungere l'obiettivo della piena occupazione (come ha promesso lo stesso Marchionne in questi giorni) ed il miglioramento dei salari. Ci aspettiamo scelte coerenti. Serve uno sforzo in più dall'azienda. Abbiamo tutti letto che Fiat Chrysler Automobiles si appresta ad annunciare un investimento di un miliardo di dollari nel Michigan dove verrà avviata la produzione della Ram Heavy Duty con nuove assunzioni e maggiori incentivi ai dipendenti. Ma il posizionamento di Fca sui mercati internazionali deve significare la conferma e l'anticipo degli investimenti anche negli stabilimenti italiani, a partire da Pomigliano d’Arco e Mirafiori, le due realtà con una situazione più critica in termini di esaurimento di ammortizzatori sociali. Un nuovo piano industriale che va ora ulteriormente rafforzato in Italia con accordi che puntino ad una maggiore formazione ed integrazione dei lavoratori nelle scelte produttive, investimenti per tenersi al passo con la progressiva penetrazione della digitalizzazione. "E' giusto che tutti partecipino dei successi di Fca, soprattutto le persone che vi hanno contribuito attraverso la loro dedizione", ha riconosciuto Marchionne. Bene, questo ci aspettiamo ora anche in tutti gli stabilimenti italiani. Bisogna continuare sulla strada della partecipazione agli utili aziendali, rafforzando un sistema di relazioni industriali incentrato sulla corresponsabilità nelle scelte. Un percorso di democrazia economica che la Cisl indica per tutto il sistema produttivo italiano. La base del "patto per la fabbrica" che stiamo costruendo con Confindustria e le altre associazioni imprenditoriali.
*Segretaria Generale Cisl