Un grande successo, con oltre 5000 visitatori fatti registrare nel solo week end di Pasqua e oltre 22.000 nelle prime due settimane di apertura, è quello che sta riscuotendo la mostra allestita a Milano presso Palazzo Reale per celebrare i 150 anni dalla nascita dell’Impressionismo attraverso un dialogo serrato tra due dei suoi principali protagonisti: Paul Cézanne e Pierre-Auguste Renoir.
Un successo in parte prevedibile vista l’eccezionale presenza di 50 capolavori di Cézanne e Renoir, (oltre a due tele di Picasso), capaci di delineare in modo esaustivo il percorso biografico e l’evolu zione artistica dei due pittori, accomunati dall’ade sione all’impressionismo, tanto diversi tra loro nello stile e per carattere, ma legati da una profonda e duratura amicizia, nata negli anni Sessanta dell’Otto cento, sfociata in una reciproca ammirazione poi consolidatasi nell’affrontare e condividere il medesimo interesse verso generi come la natura morta, il paesaggio, il ritratto e il nudo. La mostra, curata da Cécile Girardeau, Conservatrice del Musée de l’Orangerie di Parigi (da cui provengono ben 38 opere presenti in mostra) e Stefano Zuffi, storico d’arte, con la partecipazione di Alice Marsal e promossa da Comune-Cultura con il patrocinio del Ministero della Cultura e dell’Ambassade de France en Italie, si presenta fin dall’ingresso coinvolgente, non solo per gli appassionati e gli esperti di arte, ma anche per i neofiti che vengono rapiti dall’atmo sfera parigina, caratterizzata nel 1874 dall’apparizione del movimento impressionista con la sua pittura en plain air, il suo interesse verso la natura e verso gli effetti della luce. Un lungo corridoio trasformato in una galleria dai molteplici colori, che ricorda il tunnel di Alice nel Paese delle Meraviglie, introduce il visitatore in un percorso che si sviluppa attraverso cinque sezioni di carattere tematico cronologico interrotte da diverse pause e sorprese, a partire dalla riproduzione degli atelier dei due artisti, curata da Foll.ia sulla base della documentazione relativa allo studio di Cagnes su Mer per Renoir e di Jas de Bouffon per Cézanne, dove viene enfatizzato attraverso una tecnologia di luci, il ruolo della luce naturale nel lavoro dei due pittori, per passare alla grande sala delle “Otto colonne” rinominata “Sala plain air”, dove ha luogo un’inalazione olfattiva, fino alla fine del percorso quando il visitatore può scattarsi un selfie presso un totem e ritrovarsi grazie all’uso del AI immortalato in un paesaggio di Cézanne o di Renoir portandosi a casa un piacevole souvenir. Nucleo fondamentale dell’allesti mento sono le opere provenienti dal Museo dell’Oran gerie di Parigi (a cui si aggiunge un secondo gruppo di dipinti provenienti dal Museo d’Orsee tra cui anche le due tele di Picasso), che vanno dalle prime tele dei due pittori degli anni Settanta dell’Ottocento alle prove più mature dei primi del Novecento, raccolte del mercante d’arte Paul Guillaume (che considerava Cézanne e Renoir capiscuola di una pittura a suo tempo classica e moderna), con il cui ritratto, fattogli da Kees Van Dongen si apre il percorso. Il vis à vis tra i due artisti parte subito dalla prima sala dedicata ai ritratti famigliari, da cui emergono in modo evidente le differenze e le analogie tra i loro stili: da un lato Cézanne, con alcuni ritratti famigliari tra cui “Il ritratto del figlio Paul”, in cui il giovane appare all’interno di una composizione austera e controllata, dove vengono definiti con nitida fermezza forme, volumi e contorni, con l’uso tuttavia di pennellate ancora morbide e dai toni delicati capaci di trasmettere profonda tenerezza, mentre dall’altro lato le tele di Renoir dalle pose più naturali e armoniose, determinate anche dall’uso di colori gioiosi, tese a immortalare la quotidiana serenità della vita famigliare. Il dialogo tra i due artisti è la caratteristica fondamentale della mostra, un aspetto mai prima d’ora approfondito in modo così esclusivo. L’adesione all’impressionismo è d’altro canto solo una fase transitoria nella loro esperienza artistica, tanto che, quando negli anni Ottanta dell’Ottocento il movimento inizia a perdere coesione, loro, ormai maturi dopo aver superato le delusioni giovanili, l’entu siasmo di appartenere ad un gruppo e la scoperta del plain air, attraverso un’imprevedibile amicizia, tracceranno, l’uno accanto all’altro, due solchi diversi nell’al veo della pittura moderna. Cézanne nella sua determinazione di lasciare Parigi e di seguire testardamente la sua linea di ricerca nella solitudine di Aix de Provance, avverte il bisogno di una controparte, di uno spirito sereno e ottimista come è quello di Renoir che nutre una fiducia incrollabile nella bellezza, nella vita e nella natura, fortemente convinto che “il dolore passa, mentre la bellezza rimane”. L’amicizia e la frequentazione tra i due tuttavia non influenza la loro pittura, come si vede in mostra a partire dalla seconda sala dedicata alla pittura en plain air, con la quale entrambi, in modo diverso, si avvicinano all’esperienza impressionista. Il rigore e la geometria in Cézanne sono una costante presente fin dalle prime sue opere, mentre Renoir rimane sempre legato alla gioia del colore. Dalle tele esposte relative ai primi anni Settanta si può notare come nei paesaggi di campagna quale “Route de village” in Cézanne si delinei già la sua linea stilistica indirizzata a cogliere l’essenza del reale attraverso la semplificazione delle forme e la geometria degli oggetti, eliminando anche dalla tela ogni presenza umana. Per Cézanne è importante il modo in cui si guarda la realtà, non solo con l’oc chio ma anche con la mente, mentre in Renoir è fondamentale l’at tenzione al colore e alla luce resa con una pennellata tipicamente impressionista accostabile a quella di Monet. Egli si sente, come dichiara spesso, un operaio della pittura per il quale è fondamentale dipingere più che teorizzare, tanto che il suo apporto teorico all’arte è praticamente inesistente. Come si può notare nel “Pero inglese”-1873- (Le Poinier d’Angleterre) egli si concentra sul colore, pastoso e materico, e le figure che appaiono sono delle macchie di colore ottenute con una tecnica diffusa poi tra gli impressionisti grazie all’uso della tempera mischiata direttamente sulla tela e non sulla tavolozza: una grande novità rispetto alla concezione classica della pittura che voleva il disegno alla base di un dipinto. Già nel 1875, un anno dopo la prima mostra impressionista, la sperimentazione e la ricerca di nuove forme espressive porta ad un’evoluzione stilistica entrambi i pittori. In Renoir, sia pur con un approccio ancora impressionista, vi è un evoluzione nell’uso del colore per poter mostrare le rifrazioni della luce, come si vede in mostra in “Pay sage de neige” del 1875, opera in cui già le ombre sono realizzate con un colore più scuro sopra lo stesso colore più chiaro e la neve non è bianca, sulla base del fatto che essa coglie su di sé tutti i riflessi dei colori che le stanno accanto. Anche Cézanne nello stesso periodo sta prendendo una propria strada staccandosi dagli impressionisti e la geometrizzazione prende il sopravvento nelle sue tele non solo negli oggetti rappresentati, ma anche nella pennellata che diviene geometrica, come si vede nel “Paysage au toit rouge ou Le pin à L’Estaque del 75/76. Anche nelle nature morte sono evidenti le differenze tra i due pittori che si spingono sempre più verso la rappresentazione della quotidianità. Renoir nei suoi vasi con fiori comunica la sua gioia di vivere, sempre centrale non solo nella scelta dei colori ma sottolineata dalla loro pastosità, tanto da dare l’illusione di sentirne persino i profumi, mentre Cézanne procede con una semplificazione delle forme spingendo sempre di più la ricerca verso la forma base della realtà. Per la prima volta egli mette in dubbio la validità della prospettiva, su cui ancora si appoggiava l’arte accademica del tempo. Cézanne è il primo infatti a pensare che è proprio la prospettiva ad ostacolare la rappresentazione del vero, questo perchè essa non permette di rappresentare la realtà in movimento e non riesce a trasmettere la conoscenza mentale di un oggetto, in quanto lo mostra da un solo punto di vista, dandone solo una rappresentazione parziale, bidimensionale e non tridimensionale. Ecco dunque la ragione per cui egli inizia a rappresentare gli oggetti da più punti di vista nella medesima tela. La sperimentazione nei due artisti continua anche negli anni Ottanta passando attraverso esperienze diverse segnate tuttavia dal medesimo desiderio di raggiungere un’essenza senza tempo attraverso l’osservazione del modello e della natura. Renoir viaggia molto, passando dal Nord d’A frica, dove scopre nuovi colori e luci, fino all’Italia dove a contatto con l’arte del passato entra in crisi e come reazione vive il cosiddetto periodo acido, durante il quale si allontana sempre più dal impressionismo e inizia a giocare con le sue linee monumentali ed eleganti. La solidità della forme diventa un elemento essenziale, evidente soprattutto nelle sue celebri bagnanti come anche nei ritratti femminili, della moglie e dei parenti. Nelle serie delle Bagnanti egli dipinge ancora sullo sfondo un paesaggio indefinito tipico dello stile impressionista, ma in contrasto con le figure femminili molto sensuali che hanno una linearità molto convinta e ferma. Nella terza sezione della mostra milanese esse vengono messe a confronto con le bagnanti e con i bagnanti di Cézanne in cui è evidente a sua volta un tentativo di tornare al passato in maniera moderna. Egli arriva ad uno studio anatomico dei soggetti come richiamo alle sculture classiche, ma inserito in un contesto reale, an plain air, immerso nella luce dei paesaggi provenzali. Cézanne d’altro canto nei primi anni Ottanta si era trasferito nei luoghi a lui famigliari di Aix de Provence dedicandosi a rappresentarne i paesaggi esaltando l’energia primordiale della natura e inserendoli come sfondo anche dei suoi nudi. Il confronto tra i due pittori prosegue in mostra nella quarta sala tra tele dedicate a ritratti famigliari e nature morte in cui, a differenza delle prime sale, dove a distinguere le opere di Cézanne e Renoir sono le pareti di colori diversi (le tele di Renoir sono collocate su pareti dai toni rosa cipria mentre quelle di Cézanne su pareti grigie azzurre) qui le opere dei due artisti sono affiancate a coppia, per rendere più immediato il confronto e più evidenti le analogie e le differenze.
A concludere il percorso espositivo una sala dedicata all’in fluenza dei due artisti sulle Avanguardie del Novecento, in particolare su Picasso, che dei due aveva collezionato diversi dipinti e che nei primi anni del Novecento aveva guardato ai nudi opulenti e scultorei di Renoir, per dare corpo alle sue maestose grandi bagnanti, e alle opere di Cézanne, precursore del cubismo, che gli avevano aperto la strada per una rappresentazione del reale da più punti vista. Picasso aveva infatti capito l’intuizione di Cézanne e cioè che non si può guardare da un solo punto di vista la realtà; per dipingere non basta solo l’azione degli occhi ma bisogna guardare con la mente, perché ognuno di noi guarda le cose in modo diverso. Non a caso Picasso arriva a dire che “Dipingere è il mestiere di un cieco. Il cieco non dipinge ciò che vede, ma ciò che pensa”. L’intuizione di Cézanne aveva cambiato il corso della storia dell’arte del Novecento, senza per questo rinnegare l’esperienza impressionista, che come anche era avvenuto per Renoir, era stata una tappa importante nella suo percorso di ricerca e sperimentazione.
Cézanne/Renoir, Milano-Palazzo Reale, 19 marzo-30 giugno 2024.