La ricerca della verità non si deve fermare. Parole che il Capo dello Stato pronuncia in occasione del “Giorno della Memoria” che il Parlamento italiano ha voluto dedicare a tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale. Ma non sono certo parole rituali quelle di Mattarella, fratello di una vittima di mafia, il Presidente della regione Sicilia Piersanti, freddato nel 1980. Così come vittima della mafia fu Peppino Impastato, il 9 maggio 1978. Lo stesso giorno in cui le Brigate Rosse uccisero Aldo Moro dopo 55 giorni di prigionia. L'Italia, sottolinea Mattarella, “vuole accomunare queste testimonianze e questi martirii nella convinzione che possano accrescere l'impegno e la responsabilità per rafforzare la casa comune. L'azione delle istituzioni deve proseguire anche nella ricerca di quelle verità che ancora non abbiamo raggiunto in vicende tragiche e importanti per la nostra storia nazionale”.
Nel caso Moro, ad esempio, la Commissione parlamentare di inchiesta guidata da Giuseppe Fioroni è da tempo impegnata a rimuovere le ampie zone di opacità: i tantissimi punti non chiariti dall'agguato di Via Fani al ritrovamento del corpo nel bagagliaio della Renault 4 rossa in Via Caetani, appunto il 9 maggio 1978.
E a proposito del momento dell'omicidio, sono ancora in corso accertamenti per ricostruirne modalità, luoghi e personaggi presenti: mercoledì 10 maggio, il Ris porterà in Commissione i risultati dei test effettuati il 3 maggio in via Montalcini, con prove acustiche e logistiche. Dal report del Ris presentato nello scorso febbraio, emerge che chi sparò ad Aldo Moro lo guardò in faccia.
I colpi sparati furono 12, esplosi da una mitraglietta Skorpion calibro 7,65 e da una pistola Walther calibro 9: silenziatore o no - rileva Fioroni - è difficile ipotizzare che 12 colpi nel garage di via Montalcini non abbiano fatto rumore.
Va oltre Paolo Cucchiarelli, giornalista investigativo dell'Ansa, autore di “Morte di un Presidente”, che ha depositato in Commissione i risultati di un lungo lavoro. Come Cucchiarelli ha spiegato anche in una intervista a Conquiste del lavoro pubblicata sabato scorso, all'interno della R4 ci sono tracce di sangue di Moro che dimostrano come il Presidente della Dc quando fu colpito era nel sedile posteriore dell'auto dietro il guidatore. E altri elementi accertati portano Cucchiarelli ad affermare che all'alba del 9 maggio Moro era pronto per essere liberato, probabilmente i Vaticano direttamente nelle mani di Paolo VI.
Quello che appare sempre più visibile è che la versione brigatista non regge alla prova delle verifiche scientifiche e giornalistiche.