Un sistema basato su un giro di false fatture e su finte cooperative che assumevano formalmente i fattorini, che avrebbe favorito lo sfruttamento dei lavoratori, ai quali non venivano versati contributi previdenziali e assicurativi, oltre che pratiche di concorrenza sleale. Lo avrebbe messo in piedi, appoggiandosi a un consorzio e a ben 23 società di intermediazione di manodopera, la Dhl Supply Chain Italy spa, società del colosso tedesco della logistica e dei trasporti.
Proprio nei confronti della filiale italiana del gruppo e di suoi manager il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano ha eseguito un sequestro preventivo d’urgenza di oltre 20 milioni di euro per una presunta maxi frode sull’Iva.
Una realtà fatta di ”contratti di somministrazione illecita di manodopera fatti passare come contratti di appalto”, di ”tariffe imposte dal committente, che non sono in grado di remunerare la manodopera” e di ”omessi versamenti di Iva e contributi” sui ”serbatoi di dipendenti”, condizione ”sostanzialmente imposta dal committente”.
Dall’inchiesta sul caso Dhl è emerso che, tra il 2016 e il 2019, sarebbero stati oltre 1500 i lavoratori assunti dalle
false cooperative.
Commentano Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt Uil Lombardia: ”Sono anni che, purtroppo, denunciamo pubblicamente come troppe volte dietro al nobile concetto di ’cooperativa’ si nascondano vere e proprie attività illegali alle quali corrispondono trattamenti dei lavoratori letteralmente indecorosi”. In Italia ”la prepotenza dei pochi prospera sulla quiescenza dei tanti. Noi non siamo fra questi”, sottolineano i sindacati. Al netto del caso specifico, sul quale Cgil, Cisl e Uil si augurano che la magistratura faccia al più presto piena luce, ”quello che fa veramente male, purtroppo, è l'ipocrisia di chi oggi si scandalizza ma sino a ieri si ostinava a non vedere quanto, nel mondo degli appalti, accade quotidianamente: dalla mancata applicazione dei contratti nazionali a veri e propri episodi di chiara matrice illegale”.
Giampiero Guadagni